Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

domenica 12 febbraio 2012

Jacopo Ricciardi


 
  



 
Jacopo Ricciardi, Il macaco, con una grafica laser di Jacopo Ricciardi.

  Edizione a tiratura limitata (199 esemplari numerati a mano).

Edizioni L’Arca Felice, Salerno 2010, pp.16, più una stampa fuori testo.

Il macaco di Jacopo Ricciardi  è un poemetto composto da nove, fulminanti schegge:  accecanti ed esplosivi diamanti che plasmano  una lingua nervosa e visionaria, percorsa da una tensione estrema, che trasforma continuamente la parola in un’energia potente e primigenia, capace di osservare il mondo con l’incanto di uno sguardo puro, che sembra appena nato.



    Jacopo Ricciardi  è nato a Roma nel 1976. È stato l'ideatore e il curatore del progetto culturale PlayOn per Aeroporti di Roma. Ha diretto la collana PlayOn dell'editore Scheiwiller.
Ha pubblicato due romanzi: Will (Campanotto, 1997) e Amsterdam (Gruppo Editoriale L’Espresso, 2008). Ha pubblicato otto libri di poesia: Intermezzo IV (Campanotto, 1998), Ataraxia (Manni, 2000), Atòin (Campanotto, 2000), Scultura (libro d'artista in collaborazione con lo scultore Teodosio Magnoni; Exit Edizioni, 2002), Poesie della non morte (in collaborazione con lo scultore Nicola Carrino; Scheiwiller, 2003), Colosseo (Anterem Edizioni, 2004), Plastico (Il Melangolo, 2006),
Scheggedellalba (libro d'artista in collaborazione con lo scultore Pietro Cascella; Cento Amici del libro, 2008). Ha vinto il premio Under 25 San Vito al Tagliamento nel 2000, il premio Lorenzo Montano per l’inedito nel 2004, il premio speciale della giuria al Lerici Pea nel 2005 e  il premio internazionale Città di Trieste nel 2007. Dal 2009 collabora con «Il Messaggero» in due rubriche a lui dedicate “Passeggiate romane” e "Viaggio d'autore".

  

Il macaco

Poesia

Jacopo Ricciardi (Biografia)
Edizioni L’Arca Felice

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 16/03/2010 19.52.23
“Il macaco”, quattordicesimo volumetto della collana “Coincidenze” diretta da Mario Fresa per le Edizioni L’Arca Felice, si tratta di un poemetto sviluppato in nove brevi composizioni poetiche su altrettante pagine. Fuori testo, una grafica dello stesso autore, intitolata “Testa n. 31”, elaborazione digitale del 2008, rappresentante, in tonalità che sfumano dal rosso al viola, passando per un tenue rosa, su sfondo nero, un volto con la fisionomia di un macaco. Segnalo l’ottimo lavoro grafico dell’autore, che conferisce alla figura un certo tono inquietante a causa del gioco delle forme e dei colori degradanti l’uno nell’altro e che emergono dall’oscurità di sfondo, oscurità che riverbera negli incavi degli occhi e nelle narici, completamente oscure anch’esse. E’ la testa di un vivente dalla natura incerta che appare come in uno specchio deforme, effetto dovuto al farsi vago dei contorni e dei colori sui bordi della testa che rende il tutto diafano come in fase di materializzazione da un indefinito dove. Ebbene i testi poetici ben rappresentano quella sorta di inquietudine dello sguardo e che diventa, attraverso la parola (capacità propriamente umana) inquietudine esistenziale cosciente; mi sovviene alla mente, non so se a ragione, “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa. Nel poemetto di Ricciardi vi è una sorta di tentativo di penetrare la realtà – e addirittura, in questa penetrazione, plasmarla – ben oltre l’evidente materialità del presente, usando la parola come discensore verso il mare dell’inquieta indefinita virulenza dei corpi, un mondo di pulsioni interiori talvolta misterioso depositato nella nostra creaturalità (non a caso il richiamo al “Chin p’ing mei” famosa costruzione letteraria cinese in cui vi è dissolutezza e un totale abbandono, anche nelle vicende criminali, al corpo e ad una sorta di animalità insita nell’uomo), creaturalità che unisce l’uomo al mondo naturale e terrestre, il macaco, e in cui si rispecchia un cielo ampio quanto la coscienza di esistere e del sapersi destinato alla morte, quest’ultima un non senso che la creatura, dal “volto riarso di rosa”, rappresenta in quanto vi è destinata: “è chiaro / nessuna lacrima scenderà / sul volto riarso di rosa / come bagnato nel sangue / del calmo macaco / che mette davanti a noi / la morte del mondo / senza sapere / senza fatica”.

Insomma se l’uomo da una parte è sospinto verso il cielo da una potente ascesi interiore che è rappresentata dalla parola, dalla voce, dalla comunicazione, dall’altro vi è la creatura, rappresentata dal macaco – così talvolta indolente quanto irriverente ed egoista –, che pesa sull’uomo. Nel suo essere creatura l’uomo ha un’unica direzione possibile verso il cielo (“- non ho due direzioni! -”), in una unitarietà tra spirito e corpo determinata dall’amore, udibile, verificabile e sostenibile nel peso del respiro

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Jacopo Ricciardi, Il macaco, Edizioni L’Arca Felice, Salerno 2010, pagg.15, s.p.i.
a cura di Raffaele Piazza


Il macaco è una plaquette di Jacopo Ricciardi, pubblicata in copie numerate. L’autore è nato a Roma nel 1976 ed è stato l’ideatore e il curatore del progetto culturale PlayOn per Aeroporti di Roma. Ha diretto la collana PlayOn dell’Editore Scheiwiller. Ha pubblicato due romanzi e otto libri di poesia. A Il macaco è associata una grafica laser dell’autore stesso. L’opera è costituita da nove brevi o brevissimi componimenti poetici, tutti senza titolo. Il macaco, scimmia che dà il titolo alla plaquette è un primate di dimensioni medie lungo da 40 a 75 centimetri; i macachi sono il genere di primati a più ampia diffusione dopo l’uomo. Il macaco, potrebbe simboleggiare una condizione ontologica preumana, in senso evoluzionistico ed estetico, o, anche, una zona dell’io preconscio o inconscio. Alta, nella sua stringatezza, la prima composizione della raccolta, composta da tre versi luminosi, icastici e scattanti, testo che potrebbe avere anche una valenza programmatica: «Il rosso del macaco strilla nella sera/ il piede nell’acqua/ chiusa della luna».

L’incipit della poesia è particolarmente forte perché è veramente riuscita e suggestiva l’immagine, il sintagma, Il rosso del macaco. Le poesie, contenute in questa plaquette, hanno un carattere vagamente epigrammatico e di aforisma, nella loro brevità e concentrazione e sono tutte caratterizzate da eleganza e da un forte controllo formale da parte di Ricciardi. A livello compositivo si tratta di componimenti eterogenei tra loro, alcuni costituiti da una singola strofa, altri da versi staccati, intervallati da uno spazio, come quello suddetto. Ricciardi nel comporre i suoi versi è abile e produce sempre esiti di grande bellezza. A volte l’autore ci propone poesie di una semplicità disarmante che, tuttavia, sono dotate di una grande forza espressiva: «è il mio cielo/ la mia storia/ il resto non m’interessa». In questa composizione tutto resta taciuto:. si parla di un cielo, di una storia e di un resto che non interessa e, il fatto che ogni riferimento resti presunto, ne accentua il mistero.

Si parla in questa poesie di categorie come la storia, anche se è una storia privata. Del resto il filo rosso, la cifra dominante del testo è una forte interiorità, commista ad una forte introspezione, che fa emergere dei versi vaghi e affascinanti, indistinti, adombrati talvolta da una vena neorfica: «resto qui/ tra i fogliami a guardare/ la felicità/ formarsi/ disfarsi/ formarsi/ disfarsi», versi formati a volte da una singola parola, simile ad un mattone solido inserito in un piccolo muro. La grafica laser, inserita nel testo e vaga ed evocativa: in essa non ci sono macachi ma una falce di luce luminosa campita in un fondo scuro e, nella parte anteriore una figura simile ad una maschera, con due occhi ellittici e un naso accennato.

I rapporti tra le nove poesie e la figura potrebbero essere rappresentati da un senso del mistero, che accomuna il versante letterario con quello visuale: del resto sono sempre interessanti i livelli di intersezione tra le arti, per dare al fruitore la rappresentazione di un’opera complessiva più articolata e composita di quella che può essere un testo poetico tout-court. Queste poesie hanno una forma che a volte ricorda la poesia degli haiku, anche se è formalmente diversa. Un attraversare il mare magnum della vita, con poche parole misurate, questo il senso della plaquette di Ricciardi.


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