Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

martedì 14 febbraio 2012

Giacomo Cerrai











Giacomo Cerrai
Camera di condizionamento operante
Con un pensiero visivo di Roberto Matarazzo
Nota introduttiva di Mario Fresa

pp. 16, 2009



"Mi succede sempre, le rare volte che ho la possibilità di leggere nuovi testi di Giacomo Cerrai (l’estrema parsimonia dell’autore nel mostrarsi è la naturale, diretta conseguenza di una precisa opzione, una scelta di carattere etico che investe il rapporto con la parola e si traduce in quel rigoroso e imprescindibile lavoro sulla lingua e le sue possibilità espressive che ne caratterizza tutta la produzione poetica e critica): mi succede, dicevo, di pensare, con crescente convinzione, che la sua sia, ormai, una scrittura indispensabile." Francesco Marotta




C’è il senso di una costante e dolorosa propensione all’accoglimento dell’improvviso mutarsi e sfiorire degli eventi, in questa raccolta di Giacomo Cerrai, così pregna di interrogazioni sospese e di ombre sinuosamente ingannevoli. L’avvertimento di un vicino scivolamento verso un crepuscolo, verso l’aprirsi di una strada che indica l’interdizione e la confutazione di ogni speranza possibile conduce il poeta a tracciare un discorso dilaniato da una dolente ansietà che imprime alla lingua un ritmo sempre mosso e nervoso.

 
Giacomo Cerrai è nato a S. Giuliano Terme (Pisa) nel 1949. Ha studiato a Pisa, dove abita e lavora. Ha pubblicato una piccola raccolta, Imperfetta ellisse, prefazione di Cristiana Vettori, negli «Opuscoli di Primarno» della Accademia Casentinese di Lettere, Arti e Scienze.       Ha collaborato in passato con un proprio testo bilingue a «Private», rivista di fotografia e scrittura, ed è uno degli autori del volume dedicato a Cesare Pavese Cesare perduto nella pioggia a cura di Massimo Canetta, Di Salvo Editore Napoli.  È presente nell'antologia Vicino alle nubi sulla montagna crollata, a cura di Luca Ariano e Enrico Cerquiglini, Campanotto Editore, con il poemetto Acqua e sull'annuario n. 29 di «Tellus». Ha pubblicato di recente il poemetto Sinossi dei licheni, e-book presso Clepsydra Edition, e su Lulu.com una versione a stampa (scaricabile anche gratuitamente) de La ragione di un metodo, silloge di testi risalenti agli anni '80-'90.




Temporale che si sfianca, oltre M. –

…una prospettiva rovesciata,

d’una trama a cui siamo comparse… -



la casa respira, gemendo

le porte d’una pressione

che abita le nostre stanze,

uno sforzo sproporzionato

al battito d’ali,

al distanziarsi delle costole

per quello stesso respiro

che urta i denti

e non suona



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L'Artista Roberto Matarazzo ha reso unici e preziosi alcuni esemplari di "Camera di condizionamento operante", dipingendo direttamente all'interno delle pagine questi splendidi ex libris:

Roberto Matarazzo, che ha amicalmente illustrato la plaquette "Camera di condizionamento operante", aggiunge questa nota a margine sul suo lavoro:

"Presentare un lavoro sinergico svolto con l’amico Giacomo Cerrai non mi è semplice.
La plaquette, Camera di condizionamento operante, Edizioni L’Arca Felice di Salerno, introduzione, coltissima, di Mario Fresa, e con mio pensiero visivo oltre che con ulteriore figura in bianconero, ha eleganza e leggerezza, poesia alta e ideatività sorprendente.
Quando G. Cerrai mi propose di contribuire al suo lavoro rimasi piacevolmente colpito dallo stesso invito: da non critico amo, da sempre, fantasticare nei dintorni del sentire e del successivo rendere in metamorfosi idee e contenuti di Autori in cui credo.
Ho coniato un termine che non trova riscontro in alcun buon dizionario corrente atto a definire, per quanto le definizioni mi stiano strette, l’artista che si cimenta con questo genere di lavoro, ovvero il biblioiconico.
Specifico che sia rendere i testi della mia biblioteca sorta di unicum mediante applicazione di specifici fogli colorati, ex libris, appositamente realizzati per i singoli volumi, sia lavorare su possibili copertine di libri e/o figure interne agli stessi testi, per me ha il medesimo sapore ancestrale dell’avvertire in profondità il senso delle metamorfosi.
Il biblioiconico, in altri termini, è figura di artista in eterna disponibilità a carpire possibili segreti legati all’Autore e rendere questi misteri in forme grafiche e/o timbriche elaborate con passione e rispetto, certo non riducendo l’insieme a mera illustrazione di opera d’arte, mi annoierebbe e non mi intrigherebbe, ma, bensì, a lettura sinestetica, iconica/aniconica, dell’opera e resa della stessa sotto linguaggio altro.
Leggere in anteprima i versi non facili di Giacomo Cerrai, catturarli nel mio immaginario, darne una doppia suite di resa, una in bianco nero, l’altra in colori, è stata sfida che mi ha molto stimolato sul piano delle idee e del fare, del resto le sfide semplici non conducono che al nulla più assoluto! Ricordo sempre quando lavorai alla resa iconica dell’Ulisse di James Joyce, metamorfosi novecentesca dell’Odissea di Omero, a sua volta metamorfosi (in)certa di poemi perduti tra il Mediterraneo e i deserti del Medio_Oriente, e alla relativa difficoltà del voler rendere in colori la estrema qualità letteraria del volume (mitica edizione Mondatori collana Medusa) e alla gioia infinita di averne data reinterpretazione originale e non retorica, segni evidenti di aver assimilato la vera lezione Joyciana che mai ha copiato Omero per averlo realmente compreso negli stimoli ideativi.
Dunque l’essere Biblioiconico o, meglio, porsi da, e nei riguardi dell’Amico ha voluto dire per il me artista prima sentire in profondità il senso poetico dei versi amicali, poi la sottile introspezione che trasforma i versi stessi in segni e figure, poi la resa su fogli di questa ultima metamorfosi, per poi percepire l’insieme e leggere nei colori i versi, vedere nei versi i colori.
Grazie, Giacomo, per avermi coinvolto in questo lavoro emozionante, immaginifico." Roberto Matarazzo


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RECENSIONI

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Camera di condizionamento operante

Poesia

Giacomo Cerrai
L’Arca Felice

Recensione di Franca Alaimo





Pubblicato il 05/10/2010 12.00.00
www.larecherche.it

Veicolata da uno stile volutamente antilirico, utile a smorzare stati emotivi altrimenti troppo intensi, ogni parola di questa scarna ma compiuta silloge tenta una sua pronuncia sommessa, rifiutando facili soluzioni tanto formali che contenutistiche.

L’attraversa il tono monocorde della domanda ansiosa ed inquieta, ma vana, poiché si sa senza risposta nella consapevolezza che l’ascolto del proprio inconscio e la pretesa di una risposta metafisica sono destinati all’ammutolimento della parola che azzardi questo percorso. Che la poesia, benché si ponga sempre sull’orlo del baratro di domande capitali, non riesce, non è delegata a dare una qualunque risoluzione, sicché la sua sorte è quella di sostarvi per sempre, tentandolo.

Qualche testo termina, infatti, e significativamente, con i punti di sospensione: una sorta di segnale visibile dell’afasia “di una richiesta inascoltata”, come scrive nell’intensa prefazione Mario Fresa.

Gli eventi accadono nello spazio della casa, la quale, benché quotidianamente frequentata, appare connotata da una qualità evanescente, nonostante la minuzia di qualche particolare, l’elencazione di oggetti domestici, la memoria di qualche gesto o parola , sicché finisce con il configurarsi come una metafora. Essa, infatti si colloca fuori da un tempo certo, minacciata all’esterno da un temporale, all’interno da “uno sforzo sproporzionato al battito d’ali”, sebbene si alluda al contemporaneo dramma sociale e storico di una “violenza in vendita”. Del resto, la casa, per la psicologia del profondo è un simbolo importante, che allude all’io, al proprio spazio interiore, al quale, dunque vanno attribuite le stesse qualità e caratteristiche dell’altra.

All’interno delle sue stanze – ma, qualunque sia la sua probabile estensione, essa è percepita simbolicamente come “una scatola” asfittica ed asfissiante - si svolge una vita precaria, sospesa, estraniata, quasi la recita di un dramma delle cui trama la coppia che vi alberga ha solo un ruolo di comparsa. Ogni atto appare come rallentato, quasi non appartenente perfino a chi li compie.

La solitudine, l’insensatezza confermano, dunque, il duplice fallimento di una comunicazione amorosa profonda così nella sfera privata come in quella spirituale, e si affiancano a quella delle cose stesse “polvere di polvere” sgretolantesi, perché “prive di messaggi”. E, tuttavia, nonostante questa dolorosa percezione, Dio non è negato: è piuttosto un Dio celato, muto, lontano, che “non ascolta, / spoglia gli alberi e il giorno, spoglia la vita stessa”; un Signore di morte e silenzio, al posto del quale risponde “il merlo beffeggiatore”, provocando lacrime silenziose, sussulti di dolore, implorazioni, dubbi, di tra i quali balugina un desiderio d’amore e di corrispondenza che costituisce la trama sotterranea di un’anima desolatissima ma non oscurata.

La plaquette contiene un pensiero visivo di Roberto Matarazzo.
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da Atelier blog
Giacomo Cerrai, Camera di condizionamento operante, Salerno, L’arca felice 2009
«C’è un vanesio fermarsi  / su imperfezione delle cose / o polvere di polvere, / come se le cose si sgretolassero / perché prive di messaggi»: questo passaggio tratto da una composizione edita su un pregevole libretto di Carrai pone la luce come soggetto e ritrae il silenzio delle cose prodotto dall’insignificanza cui la cultura nichilista le ha condannate. Anche l’io «agisce, si alza, sbuffa» perché ridotto alla trasparenza, ad un “esserci” senza “essere”, “cavaliere inesistente” di un mondo privo di ogni significato. Il condizionamento imperante è percepito dai poeti non come dato sociologico, ma come bisogno dell’uomo che non vive di solo pane o di soli ritrovati tecnologici. Guliano Ladolfi



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