Franco
Buffoni
Intervista a cura di Roberto Maggiani tratta da Quanti di poesia edizioni L'Arca Felice.
È
possibile pensare ai poeti come a mediatori tra la realtà che si evidenzia nelle forme e una sorta di extrarealtà, evocata da Novalis quando afferma che
nelle forme v’è la cifra nascosta di una scrittura straordinaria?
È stata la riflessione teorica sul tradurre
che mi ha permesso di trovare il denominatore comune alle due branche del mio
operare, che erano - negli anni ottanta - da un lato il fatto di essere
ricercatore di lingue e letterature germaniche in una facoltà umanistica, e dall’altro
un poeta di lingua romanza. Tu parli di Novalis. Io ho tradotto Keats, e Keats
definisce il poeta come colui che sa tradurre il ruggito del leone nel
linguaggio degli uomini.
Che cosa caratterizza la tua scrittura
poetica, se la tua poesia fosse un quanto di luce, da quali atomi del reale salirebbe? Fin dove arriva, o vorresti
arrivasse, ad illuminare?
Io oggi non comincio a scrivere un libro di
poesia se non ho chiaro, diciamo, il progetto. Racconto sempre delle storie,
anche nei libri di poesia. Sono un anceschiano prima maniera: credo fermamente
nei concetti di “poetica” e di “progetto”. So di avere davvero qualcosa da
dire. Lavoro molto sul frammento. La mia scrittura in versi consiste di
frammenti poetici che continuo a produrre. Come un flusso di lava più o meno
forte, ma costante. Poi i frammenti si compongono divenendo le tessere di un
mosaico, e io stesso stento a capacitarmi della precisione con cui esse
finiscono col combaciare.
Col tempo mi sono convinto che il collante
misterioso - la forza unificante - che mi permette di inanellare i frammenti (o
gli intermezzi, come li definiva Schumann) e quindi di scrivere dei libri in
poesia - è la mia “poetica”. Come diceva Pasolini del film montato e finito:
solo allora quella storia diventa morale. Solo quando i frammenti naturalmente
si compongono mi rendo conto dell’estrema pertinenza per me della definizione
anceschiana di poetica («la riflessione che gli artisti e i poeti compiono sul
loro fare, indicandone i sistemi tecnici, le norme operative, le moralità e gli
ideali») e dell’importanza del concetto anceschiano di “progetto”.
Secondo te a cosa serve la poesia in questi
tempi moderni? Qual è il suo ruolo?
Ti rispondo con le parole del mio maestro
Giovanni Raboni: «La poesia non è né uno stato d’animo a priori né una
condizione di privilegio, né una realtà a parte né una realtà migliore.
È un linguaggio: un linguaggio diverso da
quello che usiamo per comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più
ricco, più completo, più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso
accuratamente premeditato e profondamente involontario, capace di connettere
fra loro le cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in
relazione ciò che sappiamo con ciò che non sappiamo».
Arrivederci,
Morte.
Di quando ci incrociammo
nel 2001.
Ti offrii anche un caffè
All’oncologico di via
Ripamonti,
Sussurrasti: ripasso
Con tatto
E l’accento straniero.
Franco
Buffoni è nato a Gallarate nel 1948 e vive a Roma. Ha
pubblicato in poesia Nell’acqua degli occhi (Guanda, 1979), Quaranta
a quindici (Crocetti, 1987), Scuola di Atene (Arzanà, 1991), Suora
carmelitana (Guanda, 1997), Songs of Spring (Marcos y Marcos,
1999), Il profilo del Rosa (Mondadori, 2000), Del Maestro in bottega
(Empiria, 2002), Guerra (Mondadori, 2005), Noi e loro (Donzelli,
2008), Roma (Guanda, 2009). Nel 1989 ha fondato, e tuttora dirige, il
semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria «Testo a fronte».
Per
Marcos y Marcos ha curato i volumi Ritmologia (2002) e La traduzione
del testo poetico (2004). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici
inglesi (2005) e ha curato opere di Byron, Coleridge, Wilde, Kipling. È
autore di Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità (Sossella,
2006), dei romanzi Reperto 74 (Zona, 2008) e Zamel (Marcos y
Marcos, 2009), e dei saggi Con il testo a fronte. Indagine sul tradurre e
l’essere tradotti (Interlinea, 2007), L’ipotesi di Malin. Studio su
Auden critico-poeta (Marcos y Marcos, 2007), Mid Atlantic. Teatro e
poesia nel Novecento angloamericano (Effigie, 2007) e Laico Alfabeto (Transeuropa, 2010). È il curatore responsabile dei
Quaderni di Poesia Italiana contemporanea dedicati alla giovane poesia
italiana.
In
uscita, nel 2011, l’Oscar con Tutte le
poesie 1975-2010. Il suo sito è www.francobuffoni.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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