Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

lunedì 27 febbraio 2012

Franco Buffoni

Franco Buffoni 


Intervista a cura di Roberto Maggiani tratta da Quanti di poesia edizioni L'Arca Felice.
 
 

   È possibile pensare ai poeti come a mediatori tra la realtà che si evidenzia nelle forme e una sorta di extrarealtà, evocata da Novalis quando afferma che nelle forme v’è la cifra nascosta di una scrittura straordinaria?

   È stata la riflessione teorica sul tradurre che mi ha permesso di trovare il denominatore comune alle due branche del mio operare, che erano - negli anni ottanta - da un lato il fatto di essere ricercatore di lingue e letterature germaniche in una facoltà umanistica, e dall’altro un poeta di lingua romanza. Tu parli di Novalis. Io ho tradotto Keats, e Keats definisce il poeta come colui che sa tradurre il ruggito del leone nel linguaggio degli uomini.

   Che cosa caratterizza la tua scrittura poetica, se la tua poesia fosse un quanto di luce, da quali atomi del reale salirebbe? Fin dove arriva, o vorresti arrivasse, ad illuminare?

   Io oggi non comincio a scrivere un libro di poesia se non ho chiaro, diciamo, il progetto. Racconto sempre delle storie, anche nei libri di poesia. Sono un anceschiano prima maniera: credo fermamente nei concetti di “poetica” e di “progetto”. So di avere davvero qualcosa da dire. Lavoro molto sul frammento. La mia scrittura in versi consiste di frammenti poetici che continuo a produrre. Come un flusso di lava più o meno forte, ma costante. Poi i frammenti si compongono divenendo le tessere di un mosaico, e io stesso stento a capacitarmi della precisione con cui esse finiscono col combaciare.
   Col tempo mi sono convinto che il collante misterioso - la forza unificante - che mi permette di inanellare i frammenti (o gli intermezzi, come li definiva Schumann) e quindi di scrivere dei libri in poesia - è la mia “poetica”. Come diceva Pasolini del film montato e finito: solo allora quella storia diventa morale. Solo quando i frammenti naturalmente si compongono mi rendo conto dell’estrema pertinenza per me della definizione anceschiana di poetica («la riflessione che gli artisti e i poeti compiono sul loro fare, indicandone i sistemi tecnici, le norme operative, le moralità e gli ideali») e dell’importanza del concetto anceschiano di “progetto”.

   Secondo te a cosa serve la poesia in questi tempi moderni? Qual è il suo ruolo?

   Ti rispondo con le parole del mio maestro Giovanni Raboni: «La poesia non è né uno stato d’animo a priori né una condizione di privilegio, né una realtà a parte né una realtà migliore.
   È un linguaggio: un linguaggio diverso da quello che usiamo per comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più ricco, più completo, più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso accuratamente premeditato e profondamente involontario, capace di connettere fra loro le cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in relazione ciò che sappiamo con ciò che non sappiamo».
 
Arrivederci, Morte.

Di quando ci incrociammo nel 2001.

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   Franco Buffoni è nato a Gallarate nel 1948 e vive a Roma. Ha pubblicato in poesia Nell’acqua degli occhi (Guanda, 1979), Quaranta a quindici (Crocetti, 1987), Scuola di Atene (Arzanà, 1991), Suora carmelitana (Guanda, 1997), Songs of Spring (Marcos y Marcos, 1999), Il profilo del Rosa (Mondadori, 2000), Del Maestro in bottega (Empiria, 2002), Guerra (Mondadori, 2005), Noi e loro (Donzelli, 2008), Roma (Guanda, 2009). Nel 1989 ha fondato, e tuttora dirige, il semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria «Testo a fronte».

   Per Marcos y Marcos ha curato i volumi Ritmologia (2002) e La traduzione del testo poetico (2004). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005) e ha curato opere di Byron, Coleridge, Wilde, Kipling. È autore di Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità (Sossella, 2006), dei romanzi Reperto 74 (Zona, 2008) e Zamel (Marcos y Marcos, 2009), e dei saggi Con il testo a fronte. Indagine sul tradurre e l’essere tradotti (Interlinea, 2007), L’ipotesi di Malin. Studio su Auden critico-poeta (Marcos y Marcos, 2007), Mid Atlantic. Teatro e poesia nel Novecento angloamericano (Effigie, 2007) e Laico Alfabeto (Transeuropa, 2010). È il curatore responsabile dei Quaderni di Poesia Italiana contemporanea dedicati alla giovane poesia italiana.

   In uscita, nel 2011, l’Oscar con Tutte le poesie 1975-2010. Il suo sito è www.francobuffoni.it

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