Gianluca D’Andrea
Evosistemi
Dipinti di Orodè Deoro
Libro di arte-poesia a tiratura limitata
(199 esemplari numerati a mano)
Edizioni L’Arca Felice
L'Arca Felice ha messo in piedi un progetto singolare, fondato sulla qualità autoriale e del prodotto libro; in particolare questo secondo aspetto va messo in rilievo, specie per la collana Coincidenze curata da Mario Fresa, che stampa 199 copie accompagnate da un'opera di un artista contemporaneo. Nel caso di Evosistemi di Gianluca D'Andrea,
i testi sono supportati dalla riproduzione a colori 20 x 14 cm di un
dipinto di Orodè Deoro, ottimo pittore, non nuovo a queste iniziative
(si pensi a Spaccasangue di Iole Toini, uscito per conto de Le
Voci della Luna). Il preziosismo ulteriore consiste nel inserire un
dipinto nelle copie n.1 - 99 e un altro dal n. 100 al 199. Mi soffermo
su quest'aspetto contestuale per segnalare non soltanto la cura
riservata all'elemento editoriale, ma anche per segnalare un problema,
particolarmente evidente in Evosistemi. Confrontando il libro con gli inediti a suo tempo usciti in rete, dal titolo Ecosistemi,
ma pertinenti – malgrado lo scarto sillabico – alla medesima
ispirazione, e leggendo ovviamente i testi proposti, sembra quasi che
l'autore ne abbia tolti numerosi per soddisfare un formato standard,
deciso dall'editore. Se questo è vero, mi chiedo: non conveniva a
D'Andrea proporre una sezione completa dell'opera, anziché un assaggio
di differenti momenti, così da non nuocere all'unità-libro?
Detto questo, mi vorrei soffermare sulla qualità testi, a partire dai due nuclei tematici più evidenti: la libertà
quale necessario avvio di ogni discussione, fondamento politico della
comunicazione democratica, ma anche atto di responsabilità del poeta
che, attraverso la costruzione del testo, sceglie la lingua da usare a
nome dell'intera comunità. Atto che D'Andrea sembra patire, pur
sentendolo necessario, nella misura in cui afferma, categorico: "stronco
le libertà che mi s'impongono". Il secondo elemento, segue di rimessa:
la sua è una poesia sulla poesia, una continua riflessione metapoetica
che cerca le ragioni del fare artistico in qualcosa di più grande che lo
giustifichi: la libertà civile, appunto, che egli legge martoriata
nella sua isola, la Sicilia, sineddoche di un mondo governato da "una
violenza inaudita", "impasto di ogni atrocità" eppure ancora capace
d'amore. La visione è drammatica e si ripercuote direttamente sul ritmo
asimmetrico dei testi, mimetico all'idea che la vita sia lotta crudele, e
sulla ricerca di figure di suono, o soluzioni sintattiche alte (per
esempio l'anastrofe "Così disegno dispersivo duri") capaci di attenuare
lo scontro sino, quasi, a conciliarlo, come a dire: "nonostante l'immane
sdegno / ancora amarla questa vita / e non cedere al disgusto / ma
adagio senza fughe / lottare per il nido / violenza su violenza". La
posizione ideologica è forte, ma problematica: l'ultimo verso, infatti,
se diventasse parola d'ordine politica anziché estetica,
destabilizzerebbe non soltanto la quieta società letteraria, ma l'intero
sistema capitalistico, se non fosse che tutto ciò è promosso per
salvaguardare "il nido" ossia il raggiungimento di un nucleo domestico
in sintonia con l'agio contemporaneo, inevitabilmente borghese. Le
poesie dedicate all'amore, forse sbrogliano la questione, aprendola in
una direzione imprevista, giacché il nido contemporaneo – sembra dirci
D'Andrea – è pervaso dalla gramigna, l'ipocrisia del pater familia
non tiene, la finzione buonista ha crepe dappertutto: quel nido
dev'essere pulito (anche con la forza), ricondotto alla sua origine
archetipica anziché a quella socio-economica; nido è dunque origine,
luogo in cui la comunicazione è sincera, la relazione centripeta, ma non
soffocante. Definito e giustificato l'obiettivo, rimane aperta la
questione della "violenza" sintattica, che lacera l'unità del testo come
un'energia immanente ai versi, che opera dall'interno, smembrando
parzialmente la sintassi ("la lingua è frantumazione" scrive in Come una croce amare la rovina):
scelta legittima ma forse – dato per buono il metodo – non condotta
sino in fondo, per cui l'effetto è un'armonia inquieta ma non
destabilizzante, una volontà atonale non accettata pienamente, una
libertà contenuta, non anarchica, laddove forse si vorrebbe la
deflagrazione, l'energia animale, l'espressione virale che, quasi con
effetto omeopatico, davvero mostri il tessuto malato, la nostra lingua
di plastica, la nostra civiltà in frantumi. (Stefano Guglielmin)
Gianluca D'Andrea è nato a Messina il 23 settembre
1976. Suoi testi sono presenti di diverse antologie, in rete e in
numerose riviste letterarie nazionali. È redattore di «Nabanassar»,
portale letterario con cui collabora dall'agosto 2003, ed è stato
redattore della rivista «Ciminiera». Ha curato con Vincenzo Della Mea
l'antologia Verso i bit (LietoColle, 2005).
Ha pubblicato: Il Laboratorio (LietoColle, 2004, menzionato al premio Lorenzo Montano 2005); Distanze, raccolta giovanile (novembre 2007, scaricabile al sito http://www.lulu.com/); Chiusure
(Marmi, 2008, menzionato al concorso "Opera inedita" indetto da Farà
Editore nel 2006, premiato con segnalazione al Lorenzo Montano 2007 e
menzione d'onore al premio Lorenzo Montano 2008); Canzoniere I (L'arcolaio, 2008), Evosistemi (Edizioni L'Arca Felice)
Orodè Deoro
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