Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

domenica 12 febbraio 2012

Gianluca D'Andrea




  

Gianluca D’Andrea
Evosistemi

Dipinti di Orodè Deoro

Libro di arte-poesia a tiratura limitata 
(199 esemplari numerati a mano)

Edizioni L’Arca Felice




L'Arca Felice ha messo in piedi un progetto singolare, fondato sulla qualità autoriale e del prodotto libro; in particolare questo secondo aspetto va messo in rilievo, specie per la collana Coincidenze curata da Mario Fresa, che stampa 199 copie accompagnate da un'opera di un artista contemporaneo. Nel caso di Evosistemi di Gianluca D'Andrea, i testi sono supportati dalla riproduzione a colori 20 x 14 cm di un dipinto di Orodè Deoro, ottimo pittore, non nuovo a queste iniziative (si pensi a Spaccasangue di Iole Toini, uscito per conto de Le Voci della Luna). Il preziosismo ulteriore consiste nel inserire un dipinto nelle copie n.1 - 99 e un altro dal n. 100 al 199. Mi soffermo su quest'aspetto contestuale per segnalare non soltanto la cura riservata all'elemento editoriale, ma anche per segnalare un problema, particolarmente evidente in Evosistemi. Confrontando il libro con gli inediti a suo tempo usciti in rete, dal titolo Ecosistemi, ma pertinenti – malgrado lo scarto sillabico – alla medesima ispirazione, e leggendo ovviamente i testi proposti, sembra quasi che l'autore ne abbia tolti numerosi per soddisfare un formato standard, deciso dall'editore. Se questo è vero, mi chiedo: non conveniva a D'Andrea proporre una sezione completa dell'opera, anziché un assaggio di differenti momenti, così da non nuocere all'unità-libro?
Detto questo, mi vorrei soffermare sulla qualità testi, a partire dai due nuclei tematici più evidenti: la libertà quale necessario avvio di ogni discussione, fondamento politico della comunicazione democratica, ma anche atto di responsabilità del poeta che, attraverso la costruzione del testo, sceglie la lingua da usare a nome dell'intera comunità. Atto che D'Andrea sembra patire, pur sentendolo necessario, nella misura in cui afferma, categorico: "stronco le libertà che mi s'impongono". Il secondo elemento, segue di rimessa: la sua è una poesia sulla poesia, una continua riflessione metapoetica che cerca le ragioni del fare artistico in qualcosa di più grande che lo giustifichi: la libertà civile, appunto, che egli legge martoriata nella sua isola, la Sicilia, sineddoche di un mondo governato da "una violenza inaudita", "impasto di ogni atrocità" eppure ancora capace d'amore. La visione è drammatica e si ripercuote direttamente sul ritmo asimmetrico dei testi, mimetico all'idea che la vita sia lotta crudele, e sulla ricerca di figure di suono, o soluzioni sintattiche alte (per esempio l'anastrofe "Così disegno dispersivo duri") capaci di attenuare lo scontro sino, quasi, a conciliarlo, come a dire: "nonostante l'immane sdegno / ancora amarla questa vita / e non cedere al disgusto / ma adagio senza fughe / lottare per il nido / violenza su violenza". La posizione ideologica è forte, ma problematica: l'ultimo verso, infatti, se diventasse parola d'ordine politica anziché estetica, destabilizzerebbe non soltanto la quieta società letteraria, ma l'intero sistema capitalistico, se non fosse che tutto ciò è promosso per salvaguardare "il nido" ossia il raggiungimento di un nucleo domestico in sintonia con l'agio contemporaneo, inevitabilmente borghese. Le poesie dedicate all'amore, forse sbrogliano la questione, aprendola in una direzione imprevista, giacché il nido contemporaneo – sembra dirci D'Andrea – è pervaso dalla gramigna, l'ipocrisia del pater familia non tiene, la finzione buonista ha crepe dappertutto: quel nido dev'essere pulito (anche con la forza), ricondotto alla sua origine archetipica anziché a quella socio-economica; nido è dunque origine, luogo in cui la comunicazione è sincera, la relazione centripeta, ma non soffocante. Definito e giustificato l'obiettivo, rimane aperta la questione della "violenza" sintattica, che lacera l'unità del testo come un'energia immanente ai versi, che opera dall'interno, smembrando parzialmente la sintassi ("la lingua è frantumazione" scrive in Come una croce amare la rovina): scelta legittima ma forse – dato per buono il metodo – non condotta sino in fondo, per cui l'effetto è un'armonia inquieta ma non destabilizzante, una volontà atonale non accettata pienamente, una libertà contenuta, non anarchica, laddove forse si vorrebbe la deflagrazione, l'energia animale, l'espressione virale che, quasi con effetto omeopatico, davvero mostri il tessuto malato, la nostra lingua di plastica, la nostra civiltà in frantumi. (Stefano Guglielmin)




Gianluca D'Andrea è nato a Messina il 23 settembre 1976. Suoi testi sono presenti di diverse antologie, in rete e in numerose riviste letterarie nazionali. È redattore di «Nabanassar», portale letterario con cui collabora dall'agosto 2003, ed è stato redattore della rivista «Ciminiera». Ha curato con Vincenzo Della Mea l'antologia Verso i bit (LietoColle, 2005).
Ha pubblicato: Il Laboratorio (LietoColle, 2004, menzionato al premio Lorenzo Montano 2005); Distanze, raccolta giovanile (novembre 2007, scaricabile al sito http://www.lulu.com/); Chiusure (Marmi, 2008, menzionato al concorso "Opera inedita" indetto da Farà Editore nel 2006, premiato con segnalazione al Lorenzo Montano 2007 e menzione d'onore al premio Lorenzo Montano 2008); Canzoniere I (L'arcolaio, 2008), Evosistemi (Edizioni L'Arca Felice)



  Orodè Deoro 


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