Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

venerdì 21 febbraio 2014

Gianluca D'Andrea a SalernoPoetica





Sentire nei miei occhi al centro amore
La scrittura e la poesia di Gianluca D’Andrea



L’Autore dialogherà con Mario Fresa, presentando il suo ultimo libro di versi, Ecosistemi (casa editrice L’arcolaio, 2014). Stelvio Di Spigno e Francesco Iannone parleranno del gioco terribile e amoroso della poesia. Carmine Ruizzo e Carlo Inglese eseguiranno musiche di Nicolò PaganiniJohann Friedrich Franz Burgmüller, Astor Piazzolla e, in prima assoluta, una composizione inedita di Michele Carasia. Alcuni testi poetici di Gianluca D’Andrea saranno interpretati da Igor Canto. 

Sabato 1 marzo 2014, presso la Libreria Punto Einaudi, Corso Vittorio Emanuele 94, Piazzetta Barracano, Salerno, alle ore 18.00.














lunedì 3 febbraio 2014

Sebastiano Aglieco su Vincenzo Gasparro


gasparro



Ci sono versi bellissimi in questa raccolta, e sono i migliori, che inneggiano alla vita e alla struggente finitezza delle cose.
Tutto è divino stasera
e perchè mi prende la malinconia
al primo basilico sul balcone non so.
Fugacità cantata perfino nella propria lingua madre, forse l’unica in grado di spingerci talmente indietro da farci sentire nudi davanti alle cose percepite per la prima volta.



I’ passate lu basilicole
Come lu sole comu lu sole.
I’ passate pure la rose
Come li cose come li cose..
I’ passate la frasche de lore
Come l’amore come l’amore.
I’ passate a murtuscedde
Come lu viende come lu viende.


Come si vede, o si sente, la poesia vuole conservare l’impressione di un odore, di un colore, è calata nella finitezza, nel tremore delle cose che splendono e si sfaldano alla luce del nostro breve percorso. Non di rado questi versi raggiungono la bellezza assoluta della trasfigurazione.


La mamma aveva mani bellissime
come quelle di un Cristo dipinto
C’è un cantare popolare in questi versi, un’ingenuità controllata.
Quanto era piccola casa mia
ma la notte non passava
a parlare e raccontare il giorno e la vita.
Davanti alla porta mamma innaffiava
il gelsomino e la luna mi vegliava bambino.
Poi al mattino entrava tutto il sole del giardino.
Poi si scopre che questi versi sono scritti “lontano”, distanti da ciò che dicono:
In piazza Duomo De Dominicis
nella frenesia ha deposto le ossa ci attende
lo sterminio simbolico della mostruosa
Calamita Cosmica ma tutto scorre infelice
nell’apparenza del piacere sulle guglie
s’è arroccato il dolore del mondo. Com’è
triste la gente di sera a Milano nel metro.



Ed è questo un modo quanto mai necessario per dire che la poesia non arriva mai da una contemplazione statica, da un doloroso rimembrare, ma dalla voce delle immagini più forti, impresse come sigilli nella nostra vita e che chiedono un’immagine di sé, un modo per essere ancora. Così la morte passa e non può più rapire le cose custodite nelle parole.

Sebastiano Aglieco
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