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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

domenica 18 marzo 2012

questionario di poesia (36) Vincenzo Di Oronzo




 Mario Fresa
Questionario di poesia (36)

Vincenzo Di Oronzo








Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

La poesia è un atto  di collisione tra l’umano  e il divino sulla scena sintagmatica dell’io: tra la coscienza singola e l’Assoluto, tra l’anima e l’Essenza, nel suo esporsi nel mondo. Si  ha l’isola dell’afasia, come dopo  un incendio, che riduce in cenere persone e scogli, amori e nenie, statue e lune.  Così  è la donna di Lot, sciolta nei piedi di sale, ed Euridice annichilita nell’occhio di Orfeo.
La scrittura poetica tende al luogo dell’assenza, all’a-temporalità del cristallo, in cui si fondono - in un punto geometrico di incandescente indistinzione - il presente attuale e quello virtuale della psiche.
E la danza, i musicanti di strada, il trionfo del bambino che attraversa i suoi giochi in una città di figure: diventano pure durate, anelli visionari.
La vita e la morte suonano allora i loro volti, come Narciso e l’acqua, Eco e la sua assonanza.

Come nasce, in te, una poesia?

Una poesia nasce come una figura in trance o la cantatrice calva di Ionesco, che si aggira in una controra del Sud. Essa stessa è il quesito e l’enigma. Compie un rito iniziatico nel Palazzo della Luna o dell’Inconscio: si veste dell’archetipo e dell’abisso, ha nostalgia dell’ubiquità.

Il poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?

L’esistenza  personale, e le mille inconsce che ci sono dentro, le radici autobiografiche, nella loro fascinazione fantasmatica, sono - per ciascuno - l’alfabeto dell’Origine: il codice di incanti e metonimie, di effigi e traslati, di polisemie e istantaneità.

La poesia è salvazione?

La poesia -osserva Giamblico- si esprime per simboli sacri o “sinthemata”, e la sua figuralità è l’annuncio della divinità interiore.
Chi vi accede: ritorna  all’algido lago di Mnemosine, in cui ricorda d’essere dio, l’altra faccia dell’io. Chi entra in quel transfert creativo, non sarà più come prima. Là è il roveto ardente della Bibbia, la folgore dei Veda o Agnis, il cono abbagliante di Psiche nel cosmo eracliteo. È la “salvazione” sottesa nella domanda silente di Mario Fresa.

A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?

Al gioco dionisiaco della palla (“sphaira”), perché è la prima illusione che rotola davanti ai piedi danzanti, invertendo lo spazio e il tempo, in un andare a spirale, che inebria e scombina  la mente e il mondo. È  l’io <ludens> del fanciullo pre-logico, immerso nel precipizio dei suoi specchi.

Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della tua scrittura poetica?

L’esercizio della scrittura poetica fa sperimentare   -nel tempo-  Dio e  l’Ombra.
E insegna l’attesa del Sé nell’atrio.

Qual  è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?

 “Finzione e mascheramento” di un poeta sono un’infinita eccedenza, poiché  una folla di «se stessi», di semivolti raggianti è lo scorrere della poesia.
Ogni sua sembianza svela al mondo l’insonnia della psiche: una voce che bussa alla casa estranea,  il circo semovente con cavalli  e giocolieri, l’erranza di un apolide dovunque, mentre i marinai  salpano  sulla nave di sabbia e una donna saluta sul lungomare degli oleandri.

Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?

Bellissima domanda sui volti mancanti o anonimi.
Mi piacerebbe che fosse ricordata Nikita Turbina, nata in Crimea, il 17 dicembre 1974, suicida a 28 anni, corrosa dall’asma e dall’arsura dell’alcol. E dimenticata in fretta.
A chi si rivolgeva? «Tu sei la guida,/io un vecchio cieco./Tu il controllore,/io non ho il biglietto./Tu sei la voce umana,/ io un dimenticato verso».

Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?

Pulcinella.

Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?

…gabbiani che la sera rielabora in un libro astratto. (Yang Lian).







In alto: Disintegrazione della persistenza della memoria di Salvador Dalì [1904-1989]












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