Mario Fresa
Questionario di poesia (28)
Giovanna Fozzer
Qual è il segreto progetto a cui
tende la tua scrittura?
Nessun segreto progetto, nessun tendere a. Vi sono periodi della vita
in cui qualcosa (una piccola nube sull’azzurro, alberi o occhi di un gatto o di
un bambino, un ricordo d’amore o di dolore, ecc.) muove dentro un impulso, una necessità di
scrivere, di mettere in parole scritte – in sintesi – l’emozione, la
commozione, la disperazione, la gioia, la riflessione. Scrittura come
distillato, vera essenza, canto forse. Ho orrore, per dir così, della
volutezza.
La poesia è salvazione?
La poesia [quella vera, troppa ce n’è simile a caricatura, carica di
volutezza, lagnosa, egoista, senz’anima profonda, incentrata sull’ego, su
quell’io che non interessa a nessun vero lettore] è certo sacra, come Leopardi
o Saba, Pascoli o Guidacci o ogni altro profondo vero umano: da Omero e Saffo a Shakespeare
e Dickinson ecc. Salvazione è un termine che
sento non abbastanza forte, nitido, lucente.
Non so, quindi, se la poesia sia questo.
A quale gioco della tua infanzia
vorresti paragonare la tua poesia?
La mia infanzia è assai lontana… Gioco come entrare nell’intenso odore
della stalla odella casa contadina, contemplare gli animali fumanti, ottenere
il privilegio di fare le cose come le fanno [facevano] i contadini (giustamente diffidenti verso i bambini di città): rastrellare il fieno,
strappare le erbacce alle patate ecc. O anche, gioco cittadino, recitare rime
dialettali capaci di commuovere il piccolo uditorio familiare e me, fino alle
lacrime. [Ma mentre scorro le domande comincio a sentire il disagio del
frequente comparirvi della parola poesia: diffido, come di chi
nomina Dio (magari anche in ‘poesia’…)
con una certa familiarità e disinvoltura – per me sempre troppa].
Che cosa ti ha insegnato la
frequentazione della scrittura poetica?
Frequentazione della scrittura poetica: quale? A me erano sempre
bastati Dante e Leopardi, profondi nel mio cuore e nella mia mente, vivi, veri,
assoluti. Quando sentii la necessità di scrivere piccole cose mie, a lungo le
chiamai ‘sintesi’, non osavo chiamarle poesie finché non mi convinsero a farlo
alcuni amici miei lettori.
Qual è il grado di finzione e di
mascheramento di un poeta?
Finzione e mascheramento di un poeta? Non lo so, non me ne intendo, mai
mi sarebbero venuti in mente quei termini, di fronte a testi poetici veri (i
soli che mi interessino) testi amati, comprensibili, letti e riletti con
rispetto e progressiva intellezione.
Vorresti citare un poeta da
ricordare e da rivalutare?
Margherita Guidacci.
Qual è il dono che augureresti a
un poeta, oggi?
Dono per il poeta? Vincere alla lotteria una grossa somma per essere
più libero di scrivere e pensare. Oppure: il dono di essere solo se stesso, in
profonda umiltà e verità, e di scrivere
appunto solo secondo amore e verità (o amore del vero, che è come dire amore
del bello).
Puoi citare un verso che ti è particolarmente
caro?
Dolce e chiara è la notte e senza
vento.
In alto, La lezione di musica di Jan Vermeer [1632-1675]
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