Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

giovedì 24 novembre 2011

S. Guglielmin su Marco Furia




Marco Furia

Pentagrammi 

Edizioni L'Arca Felice

Collana di arte-poesia "Coincidenze"

a cura di Mario Fresa

 



Recensione di Stefano Guglielmin apparsa 

su Blanc de ta nuque





La poesia di Marco Furia ha sempre fatto i conti con le potenzialità del significante e della metrica. Ad interessarlo, infatti, sono i meccanismi della comunicazione, le strutture della lingua, con particolare propensione per la nominazione, depurata tuttavia, e sempre più, degli elementi didascalici e decorativi. Se in Efelidi (1989) sino a Menzioni (2002) questa scelta si traduceva nella critica alla retorica perbenista del quotidiano e del conflitto, da Impressi stili (2005) sino a Pentagrammi (2009), il dettato pare mutuarsi dall'astrattismo geometrico e dalla musica seriale, da una tecnica insomma dove l'oggetto è la struttura del testo e la relazione fra le parti ne costituisce il ritmo. Tale impianto viene modulato attraverso l'endecasillabo – riconoscibile a posteriori in ciascun distico (es. «Cronometrico ritmo / nulla voce») – che, variando gli accenti, organizza un testo-sequenza la cui relazione con i testi successivi è marcata da costanti segniche: lessemi, sintagmi, proposizioni parentetiche e unità tematica. L'aspetto più caratterizzante è la cancellazione pressoché totale del verbo, la cui natura a-sostanziale viene tuttavia rimessa in gioco scegliendo, a tema, la pausa musicale, anch'essa lacuna, sospensione dalla concretezza sonora. Così come il succedersi dei sintagmi nominali, quasi gestalticamente, dà vita all'essenziale funzione del verbo (indicare azione o passione) quasi allo stesso modo, la pausa musicale è «silenzioso canto», presenza dell'assente che valorizza il discorrere della nota. Naturalmente, l'analogia non tiene sino in fondo e non solo per ragioni intrinseche. Il fatto è che, nelle ultime prove, l'astrazione cercata da Marco Furia è anzitutto visiva, retinica, slegata dalla dimensione esistenziale, affettiva (che pur si muove, fra le righe), e finalizzata al muto incanto. Si tratta di una meraviglia e di un gusto per l'effimero che qualcosa deve al barocco italiano, ma di questo non porta lo spirito elitario, lo scarto vanitoso, la radice presuntuosa; la poesia di Marco Furia, piuttosto, di meraviglia ed effimero sperimenta il limite, la curva di rottura, il punto in cui diventano interrogazione, problema.




Qual ribelle silenzio
pur sonori
leggeri tratti, effimera
sì lieve
musica (subitanea
armonia muta
mai acustico cenno?
Forse stile
forestiero, difforme?)
nulla voce
zitta, assorta sembianza
repentina
inerzia, solitarie
integre frasi
tacite, discontinue
linee opache
pentagrammi, riverberi
baleni
lustri, pallidi impulsi
(ignoto idioma
non sondabile indugio?)
incerte tregue
ritmi d’eco, barbagli
attimi fiochi
fulgidi, poi dissolte
gemme, gioie
caducità melodiche
improvvisi
statici dinamismi,
lampi bui.



**


Turgidi globi minimi
caduche
non cromatiche stille
(qual colore
d’acquea ed aerea pioggia?)
dense nubi
enfi, plumbei coaguli
sì bui
atmosferici tratti
foschi, grevi
(solare ormai bisbiglio
fioco), tetro
iconico presagio
di boato
fratto segmento, lampo
sobrio, schiva
fulgida freccia, effimero
fugace
elettrico riverbero
baleno
oltraggio, squarcio, ingiuria
poi già tregua
lucenti veli, garbo
repentino
ricurva grazia, sprazzi
armonia chiara
policroma lucerna
iride, assolo
incanto, meraviglia
tenue gioia.



**


Insolita, consueta
dolce frase
aspra, fattezze labili
caduche
pur tenaci, discorde
avversa guisa
meraviglia benevola
(canzone
acustico silenzio?)
repentini
istantanei, perpetui
luminosi
dardi, lampi, riflessi
fluido dire
anche fulgida, buia
scossa tregua
sì solerte pigrizia
alacri, ignave
temerarie ma pavide
loquele
mimiche, lineamenti
gesti muti
aromatiche scaglie
(musicali
dissolti pentagrammi?)
ritmi, stili
intatti desideri
attimi, indugio
ribelle mansuetudine
d’idioma.




**


Limpidi nembi, insolite
consuete
burrascose fattezze
tersi, cupi
atmosferici tratti
(forse buia
nitida, lustra tenebra?
Baleno
eterno sprazzo?), labili
tenaci
dissolti, umidi ritmi
passeggere
subitanee, perenni
aeree squame
silenti melodie
giammai idioma
d’arida, secca pioggia
sciolta, lieve
inodore fragranza
avverso, amico
lento, perpetuo lampo
ignavo, pigra
flemmatica tempesta
fosca, chiara
scintilla, squarcio, traccia
algido lume
ferita, crepa, graffio
poi effuso
qual tacito boato,
zitto tuono.



**


Intenso, tenue assolo
impronta lieve
aeree scaglie labili
d’opaco
policromo barbaglio
zitto intrico
pur nitide fattezze
melodiosa
non acustica musica
colore
fosco, ma terso, curvi
tratti schivi
euritmici, silenti
umidi lumi
effimere, tenaci
stille appena
coese, subitaneo
impulso mite
leggiadro cenno, insolita
sì tregua
fulgida, fioco garbo
delicati
sfolgorii, lampi d’iride
velami
taciti contrappunti
fluide gioie
sciolte, liquide perle
repentina
meraviglia impalpabile,
caduca.



**


Quali caduche gemme
aeree, schive
gonfie, gravide stille
(pioggia: voce
atmosferica, liquida?)
bagliori
labili perle (umido
parlare
nullo, ma assiduo?), fitti
zuppi indugi
melodia gocciolante
non canzone
pur ritmo, squarcio brusco
sprazzo, tregua
infranto, plumbeo nembo
scaglia muta
effimera, turchese
già baleni
dardi, fulmini taciti
poi cupo
boato (momentaneo
fosco idioma
di tempesta?), riflesso
fluido assolo
aromatico attimo
improvviso
effluvio, meraviglia
tenue frase
fuggevole fragranza,
sciolta eco.



**


Illese, tenui luci
delicate
forse musica, cenni
silenziosi
lustri, aerei barbagli
sciolte gioie
tremiti, tersi veli
zitti, schive
disperse, fluide perle
gemme mute
cromatico dissolversi
sonoro
tacito, persistente
non baleni
né turbini, leggiadra
brezza lieve
vaghi, incerti riverberi
sì aroma
effimero rimando
d’assopita
rosea ed azzurra volta
scaglie (frasi?)
atmosferici arpeggi
inconscia tregua
soave umida alba
(qual misura
sì nullo pentagramma?)
mattutino
desto sonno, risveglio,
canto quieto.



Marco Furia e' nato nel 1952 a Genova, dove si e' laureato in giurisprudenza. Ha pubblicato:
Effemeride (Tam Tam,1984); Mappaluna (Tam Tam,1985), nota critica di Adriano Spatola; Arrivano i nostri (in Fermenti letterari' Napoli, Oceania Edizioni, 1988); Efelidi (Anterem Edizioni, 1989), nota critica di Stefano Lanuzza; Bouquet (Anterem Edizioni,1992), nota critica di Roberto Bugliani; Minime topografie (Anterem Edizioni, 1997), nota critica di Stefano Strazzabosco; Forma di vita (Anterem Edizioni, 1998), nota critica di Gilberto Finzi; Menzioni (Anterem Edizioni, 2002), nota critica di Stefano Guglielmin; Impressi stili (Anterem Edizioni, 2005), nota critica di Carla De Bellis); Pentagrammi (Edizioni L'Arca Felice, 2009), disegni di Bruno Conte, nota critica di Mario Fresa. Sue poesie sono apparse su riviste italiane e straniere. Suoi testi sono raccolti nelle antologie: Poeti nati dopo il 1950, a cura di Adriano Spatola, in 'Cervo volante', 15/16, 1983; italie ( ), a cura di Adriano Spatola, in 'Doc(k)s', 71; Ante Rem, a cura di Flavio Ermini, Anterem Edizioni, 1998; Verso l'inizio, a cura di Andrea Cortellessa, Flavio Ermini, Gio Ferri, Anterem Edizioni, 2000 (l'antologia contiene due note critiche sull'autore di Ugo Fracassa e Gio Ferri); Paesaggio mutevole, a cura di Giorgia Cassini, Liberodiscrivere, 2006.
Tiene, sul sito http://www.anteremedizioni.it/  una rubrica di note critiche che hanno trovato accoglienza anche su svariati periodici. Sue poesie visive eseguite al computer sono apparse sui siti http://www.tellusfolio.it/ e di "Anterem" - altre sono state inserite in rassegne internazionali. Suoi testi sono stati tradotti in francese, inglese, spagnolo e giapponese. E' redattore di 'Anterem'.

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