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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

martedì 8 novembre 2011

questionario di poesia (22) Daniela Monreale




Mario Fresa

Questionario di poesia (22)


Daniela Monreale







Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

“Segreto” in quanto “intimo”: un progetto di apertura alla Bellezza, misteriosa verità abbozzolata tra sofferenze, dubbi e caos.

Come nasce, in te, una poesia?
Nasce da un improvviso scatto di luce interiore, che fa diventare lucida un’ombra, una sensazione riposta. Allora l’opaco diventa leggibile, il disordinato si distende e prende forma.

Il poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Per quanto mi riguarda, parlo di ciò che vorrei ricevere, ma impastando questo sogno con la materia del vissuto.

La poesia è salvazione?
La poesia è per me soprattutto libertà. Libertà dagli schemi, dalla logica, dal fatto compiuto, libertà dal dolore e dalla confusione. L’elenco potrebbe prendere chissà quante pagine... E dunque la poesia salva, in quanto cammino di libertà.

A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?
“O regina del castello…”, un gioco in cui si recitava un filastrocca e si facevano dei passettini per avvicinarsi al castello della regina. La mia poesia corteggia il mistero esistenziale, in ciò mimando questi piccoli passi diretti al castello.

Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?
Mi ha insegnato che al di là del recinto della logica e del quotidiano c’è una profonda struttura della Bellezza, che si rivela nelle piccole cose, sorprendendoci sempre.

Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?
Quello che permette il giusto equilibrio tra il detto e il non detto della sua poesia e che evita  dunque di farla scadere nella retorica più artefatta o, al contrario, nel sentimentalismo più solipsistico.

Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?
Helle Busacca, straordinaria poetessa siciliana del Novecento, tragica e lieve nel suo oscillare tra severe sofferenze e umili commozioni. Ho curato una sua antologia poetica, alcuni anni fa.

Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?
Di essere letto e gustato con calma.

Puoi citare, spiegando perché, un verso che ti è particolarmente caro?
“Mi chiederai tu, morto disadorno,/ d'abbandonare questa disperata/ passione di essere nel mondo?” di Pier Paolo Pasolini, da Le ceneri di Gramsci. Mi aiuta a resistere, nei momenti più bui.






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In alto: Il suonatore di liuto di Orazio Gentileschi [1563-1639]








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