Mario Fresa
Questionario di poesia (22)
Daniela Monreale
Qual è il segreto progetto a cui tende
la tua scrittura?
“Segreto”
in quanto “intimo”: un progetto di apertura alla Bellezza, misteriosa verità abbozzolata
tra sofferenze, dubbi e caos.
Come nasce, in te, una poesia?
Nasce
da un improvviso scatto di luce interiore, che fa diventare lucida un’ombra,
una sensazione riposta. Allora l’opaco diventa leggibile, il disordinato si
distende e prende forma.
Il poeta parla di ciò che realmente vive
o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Per
quanto mi riguarda, parlo di ciò che vorrei ricevere, ma impastando questo
sogno con la materia del vissuto.
La poesia è salvazione?
La
poesia è per me soprattutto libertà. Libertà dagli schemi, dalla logica, dal
fatto compiuto, libertà dal dolore e dalla confusione. L’elenco potrebbe
prendere chissà quante pagine... E dunque la poesia salva, in quanto cammino di
libertà.
A quale gioco della tua infanzia
vorresti paragonare la tua poesia?
“O
regina del castello…”, un gioco in cui si recitava un filastrocca e si facevano
dei passettini per avvicinarsi al castello della regina. La mia poesia
corteggia il mistero esistenziale, in ciò mimando questi piccoli passi diretti
al castello.
Che cosa ti ha insegnato la
frequentazione della scrittura poetica?
Mi
ha insegnato che al di là del recinto della logica e del quotidiano c’è una
profonda struttura della Bellezza, che si rivela nelle piccole cose, sorprendendoci
sempre.
Qual è il grado di finzione e di
mascheramento di un poeta?
Quello
che permette il giusto equilibrio tra il detto e il non detto della sua poesia
e che evita dunque di farla scadere
nella retorica più artefatta o, al contrario, nel sentimentalismo più solipsistico.
Vorresti citare un poeta da ricordare e
da rivalutare?
Helle
Busacca, straordinaria poetessa siciliana del Novecento, tragica e lieve nel
suo oscillare tra severe sofferenze e umili commozioni. Ho curato una sua
antologia poetica, alcuni anni fa.
Qual è il dono che augureresti a un
poeta, oggi?
Di essere letto e gustato con calma.
Di essere letto e gustato con calma.
Puoi citare, spiegando perché, un verso
che ti è particolarmente caro?
“Mi
chiederai tu, morto disadorno,/ d'abbandonare questa disperata/ passione di
essere nel mondo?” di Pier Paolo Pasolini, da Le ceneri di Gramsci. Mi aiuta a resistere, nei momenti più bui.
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In alto: Il suonatore di liuto di Orazio Gentileschi [1563-1639]
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