Mario Fresa
Questionario di poesia (17)
Eugenio Lucrezi
Qual
è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?
L’immediato di Kierkegaard e l’inaspettato di Kafka.
Come
nasce, in te, una poesia?
Nasce come un essere vivente, dalla memoria genetica
e attraversando un’embriogenesi sorprendentemente rapida.
Il
poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che
sempre gli sfugge?
A me la poesia sfugge sempre; direi anzi che se il
linguaggio non scappa via da me non gli riconosco uno status poetico. La vita è il pabulum, ciò che inguaribilmente
affratella gli uomini e le donne e gli animali e tutto il vivente nel comune linguaggio della percezione e del
sentimento. La vita è dunque veramente tutto, ma la poesia non è vitalistica;
ha a che fare con la visione, con il lessico, con gli strumenti linguistici nel
loro complesso. Alla visione ci arrivi
–le volte che ci arrivi– dopo esserti
abituato a pensare poeticamente, e cioè molto liberamente: ci arrivi leggendo,
ovviamente, e anche attraverso i meravigliosi esercizi di straniamento
codificati dai formalisti russi, che sono da sempre familiari ai bambini e agli
scrittori ingenui come Poe e come Zanzotto. Per quanto riguarda ciò che vorrei
ricevere, torno a dire, con il Kafka dei Diari: l’inaspettato, in forma di
figura.
La
poesia è salvazione?
No.
A
quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?
La mia infanzia mi sembra coincidere con l’infanzia
del mondo, tanto è lontana. E dunque: schierare i soldatini di piombo per la
battaglia, e subito scompaginarli nella furia dello scontro (la poesia infatti
è memoria della forma conchiusa e della figura perfetta, subito contraddetta
dalla libera aggregazione delle particelle vive che la costituiscono, per fortuna
nel più grande disordine).
Che
cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?
A cercare, e trovare con sorpresa sempre nuova, le
corrispondenze tra i fenomeni biologici e le strutture organizzate e
artificiose del linguaggio. Ci sono arrivato piano piano, leggendo i classici e
gli antichi.
Qual
è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?
La poesia è tutta artificiosa. Se non lo è, non è
poesia. Essendo un processo di traduzione da figura percettiva e sentimentale a
figura linguistica, esiste nella trasmutazione da vero a vero. Il vero poetico
è sempre figura nuova.
Vorresti
citare un poeta da ricordare e da rivalutare?
Franco Cavallo.
Qual
è il dono che augureresti a un poeta, oggi?
Salvarsi dall’impero della chiacchiera, per
approdare al paesino del disegno.
Puoi
citare, spiegando perché, un verso che ti è particolarmente caro?
«Nec tu sperne piis venientia somnia portis. Cum pia
venerunt, pondus habent» (Properzio). Mi accompagna dal liceo, mi dice
l’importanza del buio, e della luce che irrompe.
In alto: To Beauty
di Otto Dix [1891-1969]
Grazie Mario per le stupende meditazioni che ci offri sulla poesia per mezzo delle voci che di tanto in tanto proponi, e grazie a Eugenio Lucrezi; in particolare mi colpisce la semplicità e, oso dire, l'immediatezza che emerge dalla profondità culturale che denota il panorama umano del poeta. Molto bella questa affermazione e augurio: "...approdare al paesino del disegno".
RispondiEliminaUn caro saluto da Roberto Maggiani