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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

domenica 9 settembre 2012

Questionario di poesia (47)





 Mario Fresa
Questionario di poesia (47)

Antonio Melillo







Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?


Cercare un’opera limite, nella quale riporre non solo il segreto della creazione dell’opera, ma di tutta l’esistenza umana; una siffatta opera porta con sé qualcosa di mitico, di primitivo e generativo. Ciò conduce al desiderio di creare un’opera aberrante, che non sia mai stata scritta e che tutti hanno desiderato di scrivere; tale tensione desiderativa si rifà all’etimologia latina della parola desiderio: sentir la mancanza delle stelle; la poesia è questo: una ‘protensione’ verso le stelle che descriva e spieghi l’esilio dell’uomo sulla terra. La mia scrittura quindi è positiva, poiché è umanistica, nel senso che non scompare l’uomo dietro al fatto creativo o dietro al tentativo d’essere avanguardistica; inoltre trattiene un rapporto profondo col mondo; ciò porta alla creazione di opere che, in quanto mitiche, hanno una struttura narrativa: si descrive la vicenda umana dell’homo viator che spesso si percepisce deerratus.


Come nasce, in te, una poesia?


La mia poesia nasce dall’osservazione della realtà e da un sentimento di nostalgia; è un pensiero che diventa carne nelle parole, che parte da una tradizione e che viene come un’illuminazione, ma prima di prender forma nel linguaggio poetico subisce un labor limae, un lavoro artigianale lungo ed estenuante che ha come fine la creazione artistica.


Il poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?


Il poeta, attraverso quello che vive, parla di ciò che vorrebbe raggiungere, ma spesso gli sfugge, quindi riesce a dire soltanto per frammenti, per epifanie, poiché ogni poesia si slancia verso un futuro ignoto: è un conflitto immanente tra razionale e irrazionale che tende alla trascendenza.


La poesia è salvazione?


È un tentativo di salvazione; le poesie possono essere dei messaggi di salvezza; ma lo sono soltanto in potenza, perché vi è la libertà del lettore nel recepirli, ma vi è anche l’impossibilità del poeta di esprimere per intero il messaggio che risulta espresso solo frantumato.


A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?


Ad una giostra che ruota su se stessa, che si ripete nel tentativo di fare uno scarto rettilineo, possibilmente verticale.


Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?


Mi ha insegnato ad avere un fermo punto di osservazione sulla realtà, mi ha insegnato che la ricerca dell’uomo deve essere strutturata tra le mura del mondo se si vuole trascendere, quindi mi ha insegnato che il raggiungimento del quid che si ritrova aldilà dell’esistenza terrena non è da ricercare attraverso un’ascesi o un puro ed esclusivo desiderio di trascendenza che rifiuti la terrestrità.


Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?


Il grado di finzione o mascheramento di un poeta è pari a zero: il romanziere può assumere diverse maschere, il poeta no, poiché la poesia, essendo una supplica rivolta al mondo a Dio e al lettore, diviene un coeur mis a nu.


Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?
Carlo Betocchi, perché ha quell’apertura profondamente razionale all’essere che scaturisce da un amore alla vita per nulla artificioso e del tutto naturale; egli è stato capace di plasmare un linguaggio ontologico-creaturale ed etico.
 

Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?


Di avere dei lettori che abbiano la pazienza e la lentezza per leggere i suoi versi.


Puoi citare, spiegando perché, un verso che ti è particolarmente caro?


Solo e penso i più deserti campi, perché vi è quel soliloquio del pensiero e della parola che descrive al meglio la situazione dell’uomo moderno: disperatamente cerca una solitudine estremista fatta di silenzio e deserto, di non-parole e non-luogo per fuggire il caos della vita quotidiana e la pressione che viene dalla mancanza di senso di una vita così portata avanti.





 


In alto, un dipinto di Bartolomé Esteban Pérez Murillo (1618-1682)  












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