Mario Fresa
Questionario di poesia (44)
Maurizio Cucchi
Qual è il segreto progetto a
cui tende la tua scrittura?
Non
ho idea di segreti progetti. Forse sono segreti anche per me.
Come nasce, in te, una poesia?
Di
solito mi muovo su sequenze, più che su singoli testi. Ho impressioni legate all’esperienza e alla
riflessione. E allora rimugino, rumino, memorizzo e prendo nota. Poi assemblo.
Il poeta parla di ciò che
realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Dipende
dal poeta. Io mi lego all’esperienza, alla riflessione, alla memoria che fa
riaffiorare brandelli, al passato che mi chiama, al presente che mi accoglie,
anche se non sempre.
A quale gioco della tua
infanzia vorresti paragonare la tua poesia?
A
nessun gioco.
Che cosa ti ha insegnato la
frequentazione della scrittura poetica?
A
vedere e capire che dietro un segno c’è sempre un altro segno e così via.
Qual è il grado di finzione e
di mascheramento di un poeta?
In
teoria minimo. Il poeta non deve mascherarsi, auto proteggersi, ma fare proprio
il contrario, verso la verità personale e complessa.
Vorresti citare un poeta da
ricordare e da rivalutare?
Delio
Tessa. Ma in fondo è già amato e notissimo.
Qual è il dono che augureresti
a un poeta, oggi?
Saper
agire e scrivere in modo disinteressato e indifferente alla dimensione
pubblica.
Puoi citare, spiegando perché,
un verso che ti è particolarmente caro?
“passiamola
questa soglia una volta di più”, di Vittorio Sereni, per il coraggio, per
l’amore pieno dell’esserci pur nella piena consapevolezza sofferente del sempre
imminente non esserci più.
In alto, Sacco di Alberto Burri [1915-1995]
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