Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

sabato 4 gennaio 2014

In limine

5




Collana di prosa poetica

a cura di


Antonio Melillo





MARCO ERCOLANI

Prose buie



È il quinto titolo della collana «In limine».
Quest’opera preziosa è stata impressa nel mese di dicembre 2013
ed è proposta agli amatori da 1 a 199 esemplari numerati a mano.
All’interno del volumetto, alcuni dipinti di Carlo Merello.
Fuori testo, un dipinto di Carlo Merello: tt1 - tramonto anemico
(smalto, olio e inchiostro tipografico su carta, 1973).




Marco Ercolani (Genova, 1954) è psichiatra e scrittore. Per la narrativa scrive: Col favore delle tenebre, Praga, Il ritardo della caduta, Visioni della natura, Vite dettate, Sindarusa, Lezioni di eresia, Il mese dopo l’ultimo, Carte false, Il demone accanto, Taala, Il tempo di Perseo, Discorso contro la morte, A schermo nero, Sentinella, Turno di guardia, Camera fissa. Per la saggistica: Fuoricanto, Vertigine e misura, L’opera non perfetta. Per la poesia: Il diritto di essere opachi e Si minore. I suoi taccuini sono raccolti in Nottario. Partecipa nel 2000 al convegno internazionale Bruno Schulz: il profeta sommerso. Suoi testi in riviste («Nuova Corrente», «Poesia», «La mosca di Milano»), antologie (Altra marea) e siti web (La dimora del tempo sospeso, Zibaldoni.it, Doppio zero). Vince quattro premi letterari (Montano, Aforisma Torino in sintesi, Morselli, Smasher). In coppia con Lucetta Frisa cura “I libri dell’Arca” e scrive L’atelier e altri racconti, Nodi del cuore, Anime strane (Âmes inquiètes, tr. fr. di Sylvie Durbec, Éditions des états civils, 2011) e Sento le voci (J’entends les voix, ibidem, 2011).
Scia



Sogna un prato, a notte fonda. In mezzo al prato uno specchio grande, circolare. Un lampo guizza nel cielo e il fulmine arriva dritto al centro dello specchio.
Dopo qualche ora sogna di nuovo il cielo, di nuovo la pianura, di nuovo lo specchio. Il fulmine guizza, come prima, fino al suo centro. Ma lo specchio devìa la luce, la curva nell’aria, la trasforma in arcobaleno. A notte fonda, l’arcobaleno rischiara tutta la radura.
Un oggetto inventato dall’uomo, un cristallo riflettente, accoglie la luce del lampo, la assorbe, la devìa, trasforma la potenza che frantuma in alone che risplende. Dall’energia del fulmine e dalla rifrazione del cristallo nasce l’arte reale, il perfetto fantasma: la scia.









Le parole non sono mai esatte

 GREGORIO SCALISE

È IL CINQUANTESIMO TITOLO DELLA COLLANA «COINCIDENZE».
QUEST’OPERA PREZIOSA  È STATA IMPRESSA NEL MESE DI DICEMBRE 2013
ED È  PROPOSTA AGLI AMATORI DA 1 A 199 ESEMPLARI NUMERATI A MANO.
FUORI TESTO, DI MASSIMO DAGNINO

 Evoluzione (MATITA SU FOTOCOPIA, 2013).

Gregorio Scalise, poeta e scrittore italiano, Catanzaro 1939, vive a Bologna. Fra gli esponenti della “generazione poetica del ‘68” ha elaborato un linguaggio ricco di analogie e capace di inventare atmosfere visionarie e magiche. Sue raccolte di poesia sono: A capo (Geiger, 1968), L’erba al suo erbario (Geiger, 1969), Sette poesie (In folio, 1974), Poemetti (in Quaderni della Fenice N° 26 1977, Guanda), La resistenza dell’aria ( Mondadori, 1982), Gli artisti (Lunario nuovo, 1986), Danny Rose (Amadeus, 1989), Poesie dagli anni ’90 (Orizzonti meridionali, 1997), La perfezione delle formule (Stampa, 2000), Controcanti (Quaderni del circolo degli artisti, 2001), Nell’ombra nel vento (Art, 2005), Opera-opera poesie scelte 1968-2007 (Luca Sossella, 2007). Per il teatro ha scritto: Il pupazzo azzurro (premio Riccione 1979), Milena risponde a Kafka (1988), Marylin 5 agosto (1986), Sartre (2005). È autore di alcuni pamphlet di saggistica: Bruciapensieri (Il cavaliere azzurro, 1983), Ma cosa c’è da ridere: un pamphlet contro la comicità (Synergon, 1993), Talk-show system (Synergon, 1995), La contraddizione iniziale (Magenta, 2006). È segnalato in molte enciclopedie e dizionari letterari, fra cui Rizzoli Larousse 1999, Rizzoli Larousse 2003 e l’Enciclopedia Britannica. Si ricordano inoltre un testo di riflessione sul fare poesia, Bruciapensieri (1983), e uno di critica militante, La contraddizione iniziale (scritti fra il 1975 e il 2004). Si è occupato di critica d’arte e ha insegnato all'Accademia di Belle Arti di Bologna.  Con Opera – Opera (ed. Luca Sossella 2008) ha vinto il premio Mondello per la poesia 2009. Di prossima uscita Poesie per Ustica per le edizioni Corraini. Ulteriori notizie sono reperibili sul sito:



Il respiro delle donne
convenzionalmente ubriaco

ricade su quei vortici
come chi strappa le foglie

per apprendere le stravaganze del mondo
l’infelice dopostoria
per ammazzare il tempo

ma se si taglia il mondo
restano
scheletri di paesaggio

è la storia a suggerire
l’estasi delle minoranze
e memorie strappate ad un testimone.

  © RIPRODUZIONE RISERVATA




     Michela Maria Zanon

      Rimedio e veleno


       Disegni di Valentino Curlante








Michela Maria Zanon è nata a Bassano del Grappa (VI) nel 1981. Formatasi al Dams di Bologna, da qualche anno vive e opera nelSalento. La sua poliedricità l'ha portata ad intraprendere un percorso artistico che da sempre ha incrociato diversi campi, tra i quali la scrittura poetica. Dal 2011 è parte attiva del progetto culturale «Eterarte».







In limine

2

Collana di prosa poetica

a cura di

Antonio Melillo





TIZIANO ROSSI


 FUMO

È il secondo titolo della collana «In limine».
Quest’opera preziosa è stata impressa 
nel mese di dicembre 2012
ed è proposta agli amatori 
Da 1 a 199 esemplari
Numerati a mano.

Fuori testo, a rotazione, 4 litografie
di Massimo Dagnino: 
dalla copia n. 1 alla n. 50, Via superiore della Torrazza - Galleria Pietralunga 
(matita su carta, 2010); 
dalla copia n. 51 alla n.100, Serre
(matita su carta, 2010); dalla copia n.101 alla
n. 150, Rombo (matita su carta, 2010); 
dalla copia n. 151 alla n.199, Granara, 
(matita su carta, 2010).





Tiziano Rossi, nato nel 1935 a Milano, dove vive, ha pubblicato diversi libri di poesia fra cui Il cominciamondo (Argalia, 1963), Dallo sdrucciolare al rialzarsi (Guanda, 1976), Quasi costellazione (Società di poesia, 1982), Miele e no (Garzanti, 1988), Il movimento dell’adagio (Garzanti, 1993), Pare che il Paradiso (Garzanti, 1998) e Gente di corsa (Garzanti, 2000), raccolte confluite nel volume Tutte le poesie, 1963-2000 (Garzanti, 2003). Ha pubblicato inoltre tre volumi di prose brevi: Cronaca perduta (Mondadori, 2006), Faccende laterali (Garzanti, 2009) e Spigoli del sonno (Mursia, 2012). Ha curato con Ermanno Krumm l’antologia Poesia italiana del Novecento (Skira, 1995). È presente nell’antologia Poeti italiani del secondo Novecento curata da Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi (Oscar Mondadori).




Amore

  L’annunciatrice Jessica esce in lacrime dal televisore e mi abbraccia, farfugliandomi nell’orecchio che il suo fidanzato è sparito con un’altra e  che con i sentimenti non si gioca e che quella donna là è una persona meschina, interessata unicamente ai soldi ecc.. Ma io sono solo uno di passaggio, ho un ufficio da dirigente e le obietto  che non conosco nessuno di loro tre.  Ho ben sviluppato il senso dell’individuo, perciò mi sono fabbricato un sistema protettivo: la vita è una scacchiera e io sposto i miei affetti e pensieri con prudenza, come pedine. Non desidero macerazioni né inquiete veglie. Valuto le frasi banali di Jessica e dimostro la mia signorilità allungandole qualche piccola, dolce bugia ed esibendo dei consigli di indubbia finezza: le chiedo perfino se la felicità sia davvero necessaria e mi affido all’argo-mento che il litigio è una maniera più intensa di essere e che spesso sono le afflizioni a mutarci in meglio. Intendo declinare qualunque incarico, le prometto solo che tenterò di tracciare una mappa curativa, per il suo amore sciupato. Mi confronterò dunque con più nobili quesiti, che concernono l’equilibrio interiore. Ma nei suoi occhi di bambola strapazzata vedo un bel po’ di pensieri, come pitturati; e la nenia della sua lagna ricorda i giochi mormorati delle bambine, quel loro sillabare lieve, e io sono sensibile a certa musica sommessa. In più ci si mette anche il mio intimo  che germina sempre nuovi grovigli, e così non mi viene di dire le quattro parole definitive che lei si meriterebbe, e che per me sarebbero liberatorie. Allora – devo ammettere che la sua camicetta è ineguagliabile! – la abbraccerò con tutto il mio complesso di tendini, muscoli e ossa, impedendole di rientrare nel televisore. 
Massimo Dagnino
Via superiore della Torrazza

Massimo Dagnino 
S. Olcese stazione ferroviaria - GE - 
matita su carta
 2012



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CRISTINA ANNINO


 Poco prima di notte










Maurizio Cucchi su Cristina Annino



Già al primo approccio, queste nuove poesie di Cristina Annino sorprendono e coinvolgono per la loro viva concretezza, per la fisicità umorale che le attraversa dando loro un’energia davvero insolita. È davvero difficile, nel panorama attuale della nostra poesia, trovare esiti testuali di questa felicemente ruvida originalità: un’originalità, tra l'altro, del tutto priva di ricercatezze o di astuzie letterarie, che emerge con naturalezza perché frutto di un modo alquanto singolare di leggere il reale, di porsi in utile attrito con le cose.
Cristina Annino, in un certo senso, compone poesie che appaiono come particolari eventi, testi che si offrono al lettore come vicende aperte e chiuse, come episodi autonomi nei quali soffermarsi e muoversi in perlustrazione attiva nel dettaglio, non tanto in cerca di una ricostruzione logica e lineare dei dati referenziali, naturalmente, quanto per abitarli godendo della loro consistenza pressoché oggettuale, dell'incisività anche aggressiva della parola.
Esseri umani e animali popolano questi versi con uguale diritto; si agitano, in sofferenza o gioia, in paesaggi vari; balbettano maldestri la loro vita e la loro condizione; sono personaggi mossi dal poeta che non si manifesta. E infatti, tra i requisiti tipici della poesia di Annino, fin dal suo primo apparire, è proprio la presenza nascosta dell’io, la sua discrezione, la sua capacità di celarsi, di mettersi in disparte o camuffarsi per lasciare più libertà ai personaggi stessi sulla scena. La scena, appunto. Dove la poesia diviene uno spazio come teatrale in cui il poeta allestisce la complessa dinamica dei suoi episodi.
Non voglio dilungarmi oltre, proprio perché i testi di Annino possiedono un corpo vivo, il quale, più che descritto o commentato, esige di essere conosciuto in presa diretta, creando con l’interlocutore un rapporto personale ogni volta irripetibile.
Una sola cosa voglio aggiungere, necessaria: Cristina Annino è una voce rilevante della nostra poesia, e dunque ricominciamo a leggerla con interesse e ne saremo sicuramente ripagati.

                                                                        






Cristina Annino, nata ad Arezzo, vive e lavora a Roma. La sua prima raccolta poetica, uscita con il nome Fratini, è Non me lo dire, non posso crederci (Tèchne, Firenze, 1969). Tra i suoi libri: Ritratto di un amico paziente (Gabrieli, Roma, 1977), il romanzo Boiter (Forum, Forlì, 1979), Il cane dei miracoli (Bastoni, Foggia, 1980), la prima edizione di Madrid (Corpo 10, Milano, 1987), Gemello carnivoro (Faenza, 2001), Casa d’Aquila (Levante ed., Bari, 2008), Magnificat (Puntoacapo, 2009), Chanson turca (LietoColle, 2012), Madrid (seconda edizione, Stampa2009, Azzate, Varese, 2013). È presente nell’antologia Nuovi poeti italiani n. 3 (Einaudi, 1984) a cura di Walter Siti. Da qualche anno si dedica anche alla pittura con apprezzamenti notevoli e personali in Italia e all’estero.




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