Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

lunedì 11 febbraio 2013





Una lettera di Silvia Comoglio dedicata 
al libro La parola dell'occhio di Marco Furia (Edizioni L'Arca Felice)




Marco carissimo,

splendido La  parola dell’occhio. O meglio, lasciamelo dire, la tua parola del tuo occhio. Una parola che abita profondità intime e feconde e che tu sai far affiorare con gradualità, perché tutta, interamente, possa dirsi. Un movimento che comincia da un ponte, due donne o una luce nebbiosa, da un’esperienza contemplativa, e che alimenta la coscienza, e l’esserci e la memoria, per farsi atto del conoscere e sapere. La tua sensibilità e la tua interiorità, con la loro ricchezza e la ricchezza delle impronte lasciate dal ricordo e dall’apprendimento,  guidano questo movimento. Nel luogo dove forse meno la si attendeva si coglie e accoglie la conoscenza. Un’epifania, o un piccolo miracolo se vuoi, possibile soltanto per la tua capacità di interiorizzare e elaborare, per la tua disponibilità e forza di guardare in te stesso e di accogliere tutte le potenzialità del tuo essere e esserci, e di saperle tradurre in atti conoscitivi dicibili e condivisibili. Vivi e respirabili.
Ho amato molto, Marco, seguirti nelle tue riflessioni. Vedere come tutte le gradazioni del colore e delle forme, e poi della parola e della conoscenza si dispiegano. Dato oggettivo, dubbio sul dato oggettivo ( Questa non è una pipa), fiaba ( è da lei che bambini cominciamo un viaggio che ci condurrà verso sistemi scientifici e filosofici decisamente molto più complessi), coscienza, essere e memoria. E naturalmente linguaggio. Gli oggetti sulla tela ci vengono restituiti, tu ce li restituisci, come parole e ne cerchi il loro valore e senso primario, la loro etica, la tensione che si fa grido, quel grido che, come tu giustamente dici, talvolta esprime più della grammatica.  E poi non voglio dimenticare un’altra conoscenza di cui ci parli, una conoscenza direi non  intellettiva ma biologica e della natura. Quel tipo di conoscenza che ci insegna  la quiete, l’armonia, il pericolo, lo stare all’erta.
La parola dell’occhio, posso dirlo Marco?, uguale a La parola dell’anima. Perché se il tuo occhio non si identificasse con la tua anima  non saprebbe certo interiorizzare così intensamente un dipinto. Poi ci sono le elaborazioni, le riflessioni, la trasmutazione di cui parla Mario Fresa, ma la dimensione di quanto contemplando hai interiorizzato e da cui ti sei mosso per guardare e far guardare lontano questa è solo intimamente tua. Tua, di te uomo e poeta.
Sai, avrei dovuto aspettarmelo questo tuo lavoro. E’ la naturale continuazione del tuo percorso. Poesia, poesia visiva, la parola dell’occhio. Un percorso che continuerà ancora, probabilmente tu sai già come, e che io sono qui in attesa di scoprire.
Marco, grazie per La parola dell’occhio, ora aspetto il nuovo lavoro che verrà, intanto un caro abbraccio sperando di poterci vedere presto.


(lettera del 10 - 2- 2013)










Nessun commento:

Posta un commento

© RIPRODUZIONE RISERVATA