di Davide
Cortese
L'intersezione
e la contaminazione sono una costante della vita di Guillaume Apollinaire, come
di molti altri artisti della sua stessa generazione. La volontà di entrare in
un mondo, quello della modernità, e di tradurlo richiede mezzi diversi da
quelli tradizionali: l'interazione tra le arti, un approccio mentale che si
serve di materiali estranei alla propria disciplina. Per questo il poeta
francese sembra essere una scelta perfetta per la collana “Coincidenze” delle
Edizioni L'Arca Felice, che propone poesie e lavori grafici al lavoro insieme. L'ultima
plaquette pubblicata, In viaggio con
Apollinaire, riporta dieci poesie, estratte dalle tre raccolte dell'autore;
tradotte dal poeta Mario Fresa e affiancate dai disegni di Massimo Dagnino.
L'entusiasmo
di Apollinaire verso il nuovo convive con altre dinamiche emotive: un senso di
nostalgia investe la totalità della vita. Il passato, sentito perduto e male
impiegato, rode il presente costringendo il poeta a una sorta di «gambero». Un
continuo rivolgersi indietro, ostaggio del dubbio che cancella ogni possibilità
di rottura; l'uscita dallo stallo è sempre rimandata: «O belle, mie belle,
terribili giornate! / Topini del tempo che la mia vita divorate! / Trent'anni,
miodio, trent'anni li compirò tra un mese! / Che tempo perduto! Che ore
malissimo spese!».
Lasciate
da parte le controfigure animali del “Cortège”, il poeta non abbandona la
nostalgia, ma la trasforma nel motivo del ricordo: generatore di «legami» con
le persone amate o con personaggi che il mondo esterno offre. Perso il suo
carattere occlusivo, il ricordo è percepito come qualcosa di compiuto, ad
esempio un «frutto», e nello stesso tempo come labile («I ricordi sono corni da
caccia / E il loro suono si disperde
nella bocca del vento»). L'ambivalenza della memoria, che nell'attualizzarsi
subito scompare, permette di mantenere una consistenza al sé e lasciare aperto
il campo alle possibilità, il nuovo reso accessibile: «Ascolta cadere i legami
che ti tengono su, che ti tengono giù».
I
disegni di Massimo Dagnino propagano dal testo. Gli animali delle poesie,
ripresi dal segno, fanno trasparire una certa continuità; passata, però,
attraverso «il cavo del cuore». Il logo della collana riconfigurato esplicita
la poetica dell'autore nei confronti dell'“illustrazione”: come i topi che
imperversano rosicchiando il paesaggio loro dato, le tavole fanno cibo dei
testi. Si aprono «incontri» tra materiali di scarto e impresagite vedute.
Mario
Fresa, In viaggio con Apollinaire,
Edizioni d’arte L'Arca Felice, Salerno, 2016.
Massimo Dagnino,
Anatomopaesaggio (Galleria Chiesino),
Matita su carta, 2009.
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