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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

lunedì 21 settembre 2015







Mario Fresa

Questionario di poesia

(57)


Salvatore Violante






Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

Credo che appartenga ad ogni poeta. È la ricerca di un impasto di parole in cui sonorità, ritmo interno e sensitività possano determinare uno scarto tale da traghettare le designazioni al di là del campo visivo, in quella terra di nessuno dove è difficile distinguere il concreto dall’immaginario.



Come nasce, in te, una poesia?

Non c’è un meccanismo fisso. A volte un fatto letto o vissuto, apparentemente passato inosservato, riemerge in maniera subitanea, come per il fotografo lo sviluppo del negativo, la differenza è che il fenomeno compare a segmenti  sovraesposti, sempre, una sfilata di fantasmi significativi, da sogno cosciente.



Un poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?

Cos’è ciò che realmente vive un poeta? Io credo che un poeta sia un iniziato, una specie di sacerdote che si relaziona con il mondo, con il caos del mondo cercando di sbrogliarne il bandolo. Un rabdomante impazzito che cerca di afferrare la particola essenziale, il bosone. Appare alla portata questa vena sorgiva ma scivola via nella notte della scrittura.



A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?

Al gioco delle tre carte. La poesia è là, sotto quella carta precisa. Scoprendola è sempre altrove. Questo perché il poeta, quando lo è, agisce come Vas electionis, immette il meglio che può nel riempirlo. Spera che debordi dal suo margine la poesia. Quasi sempre il vaso ha una lesione. Il più delle volte è dalla lesione che fuoriesce il meglio. Un’immagine incisiva è quella dell’ape. Va sui fiori con il preciso fine di carpire nettare. A sua insaputa sporca le ali di polline. Vola via, e senza volerlo, irrora i campi ingravidandoli. Eccolo il poeta.



Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?

Che non c’è niente di davvero nuovo. Anche perché la poesia si occupa dell’uomo e del suo relazionarsi con il creato. In fondo, ciò che è mutevole in questo rapporto, è lo strumento tecnico a sua disposizione. L’uomo moderno è quello che entra in possesso di strumenti moderni. La parola che è lo strumento del poeta per creare il suo mondo come mondo necessario, non muta per designazioni intrinseche, ma per surriscaldamento erotico, sonoro, onirico.



Qual è il grado di di mascheramento di un poeta finzione e?

Il poeta non può mascherare un bel niente. Può solo prendere le distanze dal personale fingendo di parlare con l’altro da sé.



Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?

Vittorio Bodini. Un grandissimo poeta, dimenticato, come tutto il suo Sud.



Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?

La mente filosofica di un cuore di fanciullo.



Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?

Così nel mio parlar voglio esser aspro (dalle Rime di Dante Alighieri).








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