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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

mercoledì 7 marzo 2018





Aldo Ferraris ci ha lasciato pochi giorni fa. È stato un uomo di grande gentilezza e un poeta di rara intelligenza.

Con le Edizioni L’Arca Felice, nella collana «Coincidenze», ha pubblicato due intense raccolte: Qualunque cosa e Apokatastasis.



Vogliamo ricordarlo con alcuni suoi versi:


Poesie tratte da Apokatastasis




Enmerkar

3020 a.c.


Uruk splende nel sole
sembra un prato di pietra,
il vento suona tra i suoi steli
arruffando le vesti delle fanciulle
come fiori appena sbocciati.
Ti guardo e sorrido
colmo della tua grazia.




Han Fei
2170 a.c.


Ridono i campi oltre la collina
Fu Hsi stende le braccia
coprendo l'orizzonte
ai miei piedi la talpa
scava nella vergogna della sua cecità
tutto scivola oltre le vene dell'attesa.



Hathfertiti
1760 a.c.


Tu che vieni dal buio
lascia le mie tempie
non frugare nel sonno del figlio
nutrito con sabbia e canne;
il Nilo generoso
coprirà di fango la tua forza
leccherà le ferite di ogni tuo morso.




Badu
1032 a.c.


Onoro il tuo spirito
antilope che hai accolto le mie frecce,
la tua carne darà senso al fuoco
la tua pelle sarà custodia per il mio arco
le tue corna mi proteggeranno
dagli spiriti malvagi che sputano
vermi nelle mie ferite.
Onoro il tuo spirito
antilope, terra e vita eterna,
danzerò per te e per il cielo.







Poesie tratte da Qualunque cosa



C'è stato un tempo per noi,

quando eravamo grandi, senza saperlo,
grandi come nuvole o cavallette,
c'è stato un tempo colmo sino all'orlo

dove ancora caparbie aspettano
come bruciature di stelle sulla fronte
le cose che abbiamo spezzato
inconsapevoli, correndo.



*
Stanno dentro di noi, come devono,
le cose, come serpi nell'erba alta,
senza la certezza di esistere.
Stanno dentro di noi, come sassi

nelle tasche prima di nuotare.
Si fanno dense le cose che scordiamo
nascoste da qualche parte a soffrire
a diventare nuove senza sapere perché.



*
Versano per noi negli alveari della notte
la dolcezza del mattino le ronzanti
cose che ci vogliono lasciare,
le pietose forme che abbiamo amato.

Quando si alzano per fuggire lo fanno
per difenderci, per attraversarci
con un ago, un filo di luce, da parte
a parte, cucendoci alla memoria.


             
                *
Sono così lucenti le cose
sguainate dal nostro desiderio,
posate lì, nude, da guardare
dove prima non c'era nulla.

Questo loro stare, solamente,
ingoiate dalle nuvole, in attesa
che il tempo si addormenti
per farci sorridere un'altra volta.




*
È l'accettare questo continuo
vedere prima che la vita accada
prima che qualcuno bussi
e qualcosa si compia definitivamente.

È questo tirare la fune del destino
sperando che il cielo ci segua
come un aquilone, è il non sapere
che ci salva, irrimediabilmente.
               


                *
Si cercano tra loro le cose
dove gli uomini non sono più,
si confidano i nostri segreti,
ad occhi chiusi bevono tutta la luce,

le ossa spolpate dalla realtà.
Quando torniamo sanno tutto di noi,
stanno lì ferme a guardare
il dolore nascosto nei nostri abiti.




*
Questo rotolare senza ritorno
delle cose che non vogliamo vedere
questa loro insensata bellezza
che ci chiama, disperata, e il nulla,

il nulla della nostra indifferenza
il frangersi contro i nostri fianchi
di maree di suppliche, e l'isola,
la madre del silenzio, smarrita.





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