Nell’ultimo lavoro di Massimo Dagnino, la plaquette Adolescenza uscita
per le “Edizioni L’Arca Felice”, ci si può trovare davanti ad un’opera
sfuggente, dalla doppia lettura; vera opera d’arte in tutto dai disegni
che l’accompagnano fino alla rilegatura. Come scrive nell’introduzione Maurizio Cucchi, Dagnino muove il suo
lavoro attraverso profonde ossessioni e la costante precisione e
progettualità sia nel disegno che nella forma poetica. L’attività di
Dagnino ha sempre viaggiato su due binari paralleli; lo stesso libro
propone due varianti, due versioni previste di possibile Adolescenza.
Quella dei disegni che riproducono in maniera perfetta dettagli e
luoghi: campi da calcio, reti, vie cittadine, vegetazioni; e l’altra, la
riproduzione più incostante, attraverso le parole, con la poesia,
grande medium, che è portatrice anch’essa di immagini, di biografie
altrui. La poesia come canale d’eccellenza per l’apertura verso il
mondo, verso la vita, quindi passaggio obbligato, semplice traccia da
non ricordare, come l’adolescenza stessa, il momento di intenso slancio
verso l’età adulta, luogo di ribellione e seduzione: «Tuttavia soffriva
di tendinite, di crampi./ Detestava l’educazione/ tecnica./ Gli ormoni,
l’herpes,/ aumentavano i tic,/ non era neanche più/ anaffettivo./
Irretito dal giorno che involve fra binari/ in simbiosi con oleandri,
osserva/ ombre proprie/ di corpi nell’agglomerato.»
La bravura di Dagnino consiste nel
riuscire a riprodurre attraverso il disegno di poche foglie o rami un
intero mondo, uno spazio riuscito. Come ogni buon disegnatore, sa
costruire un universo di significati a partire dalla sola
rappresentazione che l’occhio offre, dal continuo sprofondare
dell’immagine attraverso la materia, i corpi, attraverso un paesaggio
studiato, memorizzato, da riprodurre come continuo schermo di realtà
scomposta in ossessioni, sentimenti e ansie. Le frazioni, gli sbalzi e
la continua tensione dei frammenti in equilibrio audace rendono queste
poesie testimonianza di precisione: «Alcune carte mentali/ corrispondono
a quelle topografiche,/altre sono distorte (ma sempre utilizzabili)/ e
alcune, infine, non hanno riscontro con la realtà.» Declinarsi in un
passaggio così difficile come l’adolescenza, proiettare verso l’esterno
sensazioni, regredire dallo status di adulto per ripiombare attraverso
l’esperienza di altri nel proprio vissuto, è per Dagnino un isolarsi dal
caso, dalla propria rappresentazione. Quindi nessuna maschera del
quotidiano o teoria, in queste poesie il vissuto, il momento, vengono
rintracciati e assimilati dall’esterno come spettatori eccessivi e
convincenti. L’ispirazione viene dal soggetto, ma anche dall’oggetto
guardato, spiato. Ogni poesia è spiare la realtà, renderla vera per
pochi attimi: «Si chiedeva se l’avesse ancora/ pensato. Mi obbliga/
l’immagine eversiva in sogno./ Il volto inspessito dall’ombra./ Nella
stessa notte, i giorni cerchiati/ sul calendario./ Aveva esitato.»
Nello stesso periodo Massimo Dagnino ha pubblicato, nell’ultimo numero di Nuovi Argomenti, Ipercinetismo, una parte di quello che dovrebbe essere l’intero progetto-libro di Adolescenza.
In questa sezione i “protagonisti” vivono gli allenamenti, le partite
di pallone, come stati d’ipnosi, in una confusione di riflessi e
movimenti, come fossero immobilizzati nelle proprie visioni. Sicuramente
tutto questo si può ricollegare ad una particolare poesia all’interno
della plaquette: «La giornata si perde in mete./ Gli sarebbe piaciuto
ricordarlo/ intatto il tiro a piattello / infossato nel verde./ Ma nella
sua testa il “prato fierissimo”,/ la pressione del parlato/ lo
distoglie.» La ricerca sia linguistica che formale del lavoro di Massimo
Dagnino, tende alla compressione degli elementi, a particolari smossi, a
realtà fuori scena che si sovrappongono: «Lo sciroppo/ di rose rappreso
inutilmente sull’agenda/ compressa in conti/ che mi riguardano./
L’angolo della Bank of England si fa Tempio di Vesta;/ nelle sale d’aspetto immagini deformate/ dai vetri. Vivo all’interno/ di una separazione.»
Come non ricordare l’amore dell’autore
per le “Architetture” fra metropoli e antichità o la realtà virtuale di
cui era intriso il primo bellissimo libro di Dagnino Verso l’annichilirsi del disegno.
Vivere all’interno di una separazione non è la non comprensione di sé,
la non unità e unicità ma l’essere fedeli a se stessi, vivere nella
scomposizione, nelle diversità degli stili scelti, per esprimersi
interamente fra disegni e poesie.
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