Aldo Ferraris ci ha lasciato pochi giorni fa. È stato un uomo di grande gentilezza e un poeta di rara intelligenza.
Con le Edizioni L’Arca Felice, nella collana «Coincidenze», ha pubblicato due intense raccolte: Qualunque
cosa e Apokatastasis.
Vogliamo ricordarlo con alcuni suoi versi:
Poesie tratte da Apokatastasis
Enmerkar
3020 a.c.
Uruk splende nel
sole
sembra un prato
di pietra,
il vento suona
tra i suoi steli
arruffando le
vesti delle fanciulle
come fiori appena
sbocciati.
Ti guardo e
sorrido
colmo della tua
grazia.
Han Fei
2170 a.c.
Ridono i campi
oltre la collina
Fu Hsi stende le
braccia
coprendo
l'orizzonte
ai miei piedi la
talpa
scava nella
vergogna della sua cecità
tutto scivola
oltre le vene dell'attesa.
Hathfertiti
1760 a.c.
Tu che vieni dal
buio
lascia le mie
tempie
non frugare nel
sonno del figlio
nutrito con
sabbia e canne;
il Nilo generoso
coprirà di fango
la tua forza
leccherà le
ferite di ogni tuo morso.
Badu
1032 a.c.
Onoro il tuo
spirito
antilope che hai
accolto le mie frecce,
la tua carne darà
senso al fuoco
la tua pelle sarà
custodia per il mio arco
le tue corna mi
proteggeranno
dagli spiriti
malvagi che sputano
vermi nelle mie
ferite.
Onoro il tuo
spirito
antilope, terra e
vita eterna,
danzerò per te e
per il cielo.
Poesie tratte da Qualunque cosa
C'è stato un tempo per noi,
quando eravamo grandi, senza saperlo,
grandi come nuvole o cavallette,
c'è stato un tempo colmo sino all'orlo
dove ancora caparbie aspettano
come bruciature di stelle sulla fronte
le cose che abbiamo spezzato
inconsapevoli, correndo.
*
Stanno dentro di noi, come devono,
le cose, come serpi nell'erba alta,
senza la certezza di esistere.
Stanno dentro di noi, come sassi
nelle tasche prima di nuotare.
Si fanno dense le cose che scordiamo
nascoste da qualche parte a soffrire
a diventare nuove senza sapere perché.
*
Versano per noi negli alveari della notte
la dolcezza del mattino le ronzanti
cose che ci vogliono lasciare,
le pietose forme che abbiamo amato.
Quando si alzano per fuggire lo fanno
per difenderci, per attraversarci
con un ago, un filo di luce, da parte
a parte, cucendoci alla memoria.
*
Sono così lucenti le cose
sguainate dal nostro desiderio,
posate lì, nude, da guardare
dove prima non c'era nulla.
Questo loro stare, solamente,
ingoiate dalle nuvole, in attesa
che il tempo si addormenti
per farci sorridere un'altra volta.
*
È l'accettare questo continuo
vedere prima che la vita accada
prima che qualcuno bussi
e qualcosa si compia definitivamente.
È questo tirare la fune del destino
sperando che il cielo ci segua
come un aquilone, è il non sapere
che ci salva, irrimediabilmente.
*
Si cercano tra loro le cose
dove gli uomini non sono più,
si confidano i nostri segreti,
ad occhi chiusi bevono tutta la luce,
le ossa spolpate dalla realtà.
Quando torniamo sanno tutto di noi,
stanno lì ferme a guardare
il dolore nascosto nei nostri abiti.
*
Questo rotolare senza ritorno
delle cose che non vogliamo vedere
questa loro insensata bellezza
che ci chiama, disperata, e il nulla,
il nulla della nostra indifferenza
il frangersi contro i nostri fianchi
di maree di suppliche, e l'isola,
la madre del silenzio, smarrita.
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