Come ho detto altre volte, d'estate per rinfrescarsi conviene
tornare ai classici. Hanno l'innegabile vantaggio di segnare una distanza da
una contemporaneità spesso deludente, se non indicativa di una drammatica
mancanza di prospettiva. Distanza che offre un largo orizzonte, un orizzonte di
cui almeno sappiamo che cosa c'è oltre. Baudelaire è uno di questi classici,
che Mario Fresa affronta in una sua versione in questo interessante libro edito
da EDB di Milano, arricchito, come avvenne per Apollinaire, dai bei disegni di
Massimo Dagnino, i quali, come nota in postfazione Davide Cortese, "si
rapportano al proprio testo di riferimento per via concettuale, (...) i versi
funzionano come materia prima da modificare; un elemento, una tematica laterale
che si mostra nei versi viene isolata e sviluppata in maniera autonoma".
Ne esce quindi, in primis, qualcosa di più e diverso rispetto ad una
tradizionale pubblicazione d'arte, nella quale la parte iconica è come suol
dirsi "di corredo": un'opera culturale in cui si misurano in maniera
sinestesica - più che due media - due sensibilità artistiche (vale ricordare
che Dagnino è anch'egli scrittore e poeta), una corrispondenza sensuale
favorita pure dal grande formato del libro (quasi un "in quarto").
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Mario Fresa |