Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

martedì 12 maggio 2015




Mario Fresa

Questionario di poesia

(56)


Federica Giordano



Emil Nolde, Mare con nuvole viola e tre barche gialle (1946)



Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

Sono convita che qualsiasi tipo di linguaggio artistico si utilizzi, l´arte risponde sempre all´esigenza di “curare” qualche mania, di superare un limite o di fare i conti con qualche complesso. Più che di progetto, parlerei dunque di genesi. Il mio amore per la scrittura si è sicuramente presentato come ancora di salvezza da un problema di balbuzie che ha molto condizionato la mia infanzia. Quindi scrivere per non parlare. Poi questa esigenza è venuta  meno e ho preso la mia strada. Adesso non so più quale sia la genesi del mio lavoro, ma continuo a farlo costantemente per cercare di scoprirlo. L’importante è che si senta l’urgenza di scrivere e che si smetta di farlo qualora questa urgenza ammutolisca.


Come nasce, in te, una poesia?

Mi risulta molto difficile rispondere a questa domanda. Quando ero più piccola scrivevo molto di più e di getto. Oggi sono molto più severa con me stessa e finisco per cestinare gran parte delle mie cose. In linea di massima, butto giù l’idea. Poi lascio passare del tempo e provo a rileggere con più distacco. La maggioranza dei cambiamenti che apporto sono quasi tutti tagli. Trovo molto utile anche scambiare idee e spunti con amici che condividono con me l’amore per il linguaggio. Ci può essere una grande crescita col dialogo. Trovandomi spesso a scrivere articoli e recensioni di libri altrui, sono portata a pensare che l’esercizio di empatia che si è costretti a fare per entrare nello scenario artistico di qualcuno sia altamente formativo. Si allena l’umiltà, si lascia che le differenze abbiano la loro azione su di noi e spesso, sia chi scrive che chi legge ne esce arricchito.
E’ particolarmente piacevole quando nei testi altrui, si riesce a riconoscere qualcosa che ci appartiene in prima persona, qualcosa che è ancorato in noi sotto altre forme. Penso in particolare a due letture recenti in cui mi sono imbattuta: Olimpia di Luigia Sorrentino e Tribunale della mente di Corrado Benigni. Trovo inoltre molto proficuo cercare stimoli continui anche in ambiti che ci sono meno vicini. L’arte, che sia essa visiva, sonora  o tutte queste cose insieme, parla una lingua sola.


Un poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?

Rispondo a questa domanda con uno spunto musicale. Der Dichter spricht” (“Il poeta parla”) dalle Kinderszenen di Schumann. Credo che in quel brano, il suo compositore abbia saputo spiegare al meglio cosa sia la parola e cosa sia il silenzio, e soprattutto, l´equilibrio morigerato tra le due cose. C’è molta saggezza in quel brano.


A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?

Proprio non saprei. Non mi viene in mente nessun paragone sensato. 


Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?

Mi ha insegnato e mi sta ancora insegnando a saper aspettare e ad essere critici verso il proprio lavoro.


Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?

Personalmente, sarei portata a dire che il poeta non mente. Voglio ancora pensare che la scrittura possa essere amore per la verità prima di tutto. Esercizio alla verità, in modo esteticamente interessante. Detesto quel saporaccio di “intrattenimento” che sembra imbrattare ormai qualsiasi contesto. L’intrattenimento mi sembra corrisponda perfettamente all’atteggiamento intellettualmente pigro e passivo e credo che oggi rappresenti il vero nemico da combattere, in primis come lettori e come fruitori delle cose.  Se riuscissimo ad avere quell’attenzione proveniente dall’amore per la vita e per i suoi fatti, se avessimo la coscienza delle parole, probabilmente oltre a alzare la qualità di ciò che “consumiamo”, potremmo anche godere dei vantaggi di una politica migliore, che non sfrutti questo nostro stato di “dormienti da intrattenere”. Per me il poeta non si censura, dice il vero. “Der Mund redet wahr” direbbe Paul Celan.


Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?

La risposta sarebbe davvero troppo lunga.
Fin troppe voci valide sono sommerse e schiacciate dal peso di nomi troppo ingombranti. Preferisco sottolineare che spererei molto nel lavoro di editori intelligenti, che possano liberarsi dalla dittatura del mercato, proponendo nomi interessanti, nuovi e sconosciuti. Siamo tutti molto curiosi e assetati di cose belle.


Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?

Augurerei ai poeti e agli artisti in genere di non perdere lo spirito che li ha avvicinati alle loro attività e a non cedere alla morsa del consenso a tutti i costi. La ricerca della propria strada è privata e sottotono. È importante ricercare le proprie gioie in quello che si fa e non altrove. Tutti i successi che premiano le proprie scelte e il proprio lavoro sono ben accette ovviamente, ma non essenziali. Il mio augurio è quello di godere della sana condivisione, quella che premia l’identità.



Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?

Per la mia formazione di germanista, sono molto legata alla figura di Paul Celan, di cui cito questi versi tratti dalla poesia Corona:

E' tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l'affanno abbia un cuore che batte.
E' tempo che sia tempo.
E' tempo.

Es ist Zeit, daß der Stein sich zu blühen bequemt,
daß der Unrast ein Herz schlägt.
Es ist Zeit, daß es Zeit wird.
Es ist Zeit.







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