Mario Fresa
Questionario di poesia
(55)
Marco Corsi
Qual è il segreto progetto a cui tende la tua
scrittura?
Forse
l’adesione, la scelta, la vivisezione di tutto ciò che ci riguarda. Se la
poesia detiene un primato o un progetto, questo certamente è involontario –
consequenziale rispetto al suo nascere. La progettualità non è che
l’assestamento consapevole della sua visualità o sforzo capillare. La
consistenza del suo pensiero uno stadio ininterrotto di progressi per immagini.
Come nasce, in te, una poesia?
Come un ritmo, come qualcosa di
naturale. Ma improvviso. Non conciliabile e dominabile soltanto dopo il primo
verso, solitamente calato dall’alto – come voleva Valéry.
Un poeta parla di ciò che realmente
vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Credo che
da una parte e dall’altra ciascuna delle spinte indichi sempre il desiderio
degli opposti. Ma la vita, soprattutto la vita: «poesia/ è il mondo l’umanità/
la propria vita/ fioriti dalla parola/ la limpida meraviglia/ di un delirante
fermento». Dove fiorire non è un esercizio, ma una necessità.
A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare
la tua poesia?
Vorrei
paragonare la poesia a quel sasso che rimbalzava nella torre della campana,
disegnata sopra l’asfalto, con i numeri da uno a sei, sempre gli stessi – quasi
fossero il vocabolario dei passi contati.
Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della
scrittura poetica?
Il rigore, credo
– o meglio la convinzione che il rigore coincide con la passione; la passione
della parola come strumento dei giorni.
Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un
poeta?
Il poeta potrà
sempre nascondere il proprio volto, mai la mano.
Vorresti citare un poeta da ricordare e da
rivalutare?
Oggi citerei lo
Scialoja dei Violini del diluvio.
Perché mi è cara la definizione di una sincronia immediata e tangibile fra
composizione artistica e verbale.
Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?
L’onestà, sua e
altrui.
Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?
freddati nel nome che non è
la cosa ma la imita soltanto
(nelle intenzioni della sintassi un solo unico verso,
di Vittorio Sereni).
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