Mario Fresa
Questionario di poesia
(52)
Diego Conticello
Qual è il segreto progetto a cui tende la tua
scrittura?
Il tentativo
estremo di scoprire e riprodurre al meglio le infinite potenzialità del
linguaggio (ovviamente è un
tentativo destinato agli intangibili spazi dell’utopia, ma l’importante è sempre
compiere il viaggio…).
Come nasce, in te, una poesia?
Molto
spesso è collegata ad un complesso di sensazioni fisiche legate a doppio filo
con l’immersione nella natura, sia essa paesaggio (col senso di contemplazione
e lontananza che ne derivano) oppure vissuto (con i suoi portati di riflessione
fisico-percettiva che comporta).
Ovviamente
altre nascono da esperienze “culturali”: una poesia, un pezzo di prosa o di
filosofia che sento contiguo al mio stato del momento, un documentario
scientifico, una fuga di Bach, un intermezzo di Offenbach, una polifonia
barocca, qualunque cosa, basta che “mi parli”.
Un poeta parla di ciò che realmente
vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Di entrambe le
cose, altrimenti non vivrebbe appieno o non avrebbe la giusta tensione “che fa
vivo il succo del mondo”. Ed entrambe le cose sarebbero deleterie…
A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare
la tua poesia?
Alla
campana, da noi chiamata “Cciappatu”. Si compie sempre un salto, e non ti è
concesso sbagliare, nemmeno di mezzo centimetro. Si ritorna indietro allo
stesso modo, valutando e rivalutando il da farsi. Si cerca sempre di non
“inciampare” (da qui il termine dialettale che è metafora dell’errore, dunque
della vita).
Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della
scrittura poetica?
A vivere come
vivo, ma soprattutto a riflettere, dunque si può dire che mi ha insegnato
tutto.
Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un
poeta?
Il
grado deve essere sempre massimo, altrimenti non potrebbe coincidere appieno
con la ricerca di un senso!
Vorresti citare un poeta da ricordare e da
rivalutare?
Lucio Piccolo. Sembra
scontato per chi mi conosce, ma ancora lo si deve rivalutare e studiare quanto
merita.
Qual è il dono che augureresti a un
poeta, oggi?
Vorrei augurarlo
ad ognuno di noi, gente di assoluta normalità, poiché di poeti ne nascono
quattro-cinque ogni secolo. Vivere appieno affrontando le clessidre infernali
di questo tempo a viso aperto, giocandosela ad ogni istante.
Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?
[…]
Se noi siamo figure
di
specchio che un soffio conduce
senza
spessore né suono
pure
il mondo dintorno
non
è fermo ma scorrente parete
dipinta,
ingannevole gioco,
equivoco
d'ombre e barbagli,
di
forme che chiamano e
negano un senso…
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