Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

lunedì 30 settembre 2013


Gabriele Gabbia 
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La parola dell'occhio di Marco Furia
(Edizioni L'Arca Felice)



«Il ricordo è soltanto uno dei lineamenti del nostro esistere, sicché continuiamo a essere anche ciò che, in senso stretto, non rammentiamo.
Ciò che ci ha modificato persiste in noi in forma dimpronta che si aggiunge a infinite altre e di cui, talvolta, nemmeno ci accorgiamo: lavere avuto un intenso contatto con unopera darte, per esempio, lascia un segno di cui potremmo anche essere, nellimmediatezza di un gesto, di una parola, non consapevoli.
Nondimeno quel segno ci ha accompagnato, ci accompagna e ci accompagnerà non determinando le nostre azioni, ma illuminandole, rendendole ancora più vive e opportune».
Non dunque di sola estetica tratta lultima raffinata plaquette in prosa di Marco Furia, La parola dell’occhio , edita dalle Edizioni LArca Felice nel dicembre 2012, con – in allegato – una litografia fuori testo.
Il libro, materiato da una selezione di riproduzioni di dipinti che vanno da Veermer a Canaletto, passando per Giandomenico Tiepolo e Turner, Corot e Cézanne, sino a Derain ed Henry Rosseau, è accompagnato da uninterpretazione critica per ogni singola opera.
In realtà, ogni volta è in oggetto una sorta di vero e proprio postulato in cui Furia – anzitutto poeta – rileva – come annota Mario Fresa nella significativa introduzione –, «con vigorosa intensità le rivelazioni e le corrispondenze registrate dal pittore, e ne amplifica i segni, ne propaga e ne estende le peculiari tensioni espressive»; non descrivendo, dunque, soltanto «ciò che gli è offerto sottoforma di immagine», ma dilatando e sviluppando «le specifiche sue richieste di approdare a una possibile comunicabilità del fondo essenziale degli eventi».
Ebbene, questo «fondo essenziale» è elegantemente messo a giorno dal poeta mediante lutilizzo della parola; parola che sciorina qui una coscienza analitica di non ordinaria levatura; e viene in mente – a questo proposito – ciò che di magno annota il filosofo Lucio Saviani intorno alla «filigrana del discorso»: «In effetti, più che con le parole, la trasparenza ha a che vedere con locchio: guardare in controluce ponendo la superficie tra locchio e, nel fondo, la sorgente di luce».
Ecco la parola dellocchio; ecco limpresa che Furia compie con questo libro: egli scende solo e muto allinterno delle tele, avvinto soltanto alla propria percezione, al proprio sguardo, ai propri occhi – come nel caso della scrittura di un testo poetico –, e risale in superficie con le parole necessarie per far luce e chiarezza a partire dal fondodelle cose (in questo caso, dei dipinti).
Ne è testimonianza fattiva la pagina avvincente che – tra le altre – lo scrittore dedica allopera panoramica Il Ponte di Westminster di Derain, sospesa comè fra filosofia e poesia – critica al cui interno spira un potente afflato sociologico ed etico, giacché «Larte, quella vera, non si dimentica mai degli altri»: «Il mondo è questo e non resta che accettarlo: nessuna fuga è possibile. Un assetto si mostra. Un assetto che dunque, sussiste, ma che è precario, privo di solide basi. Può sorprendere, di certo non convincere. Comporre il dissidio tra moderna civiltà e ambiente naturale è il fine cui tendere, ma limpresa è ardua» (); «il nostro procedere è esposto a continue contraddizioni. Nondimeno, proseguiamo un cammino per certi aspetti più distruttivo, per altri più consapevole, di un tempo» (): «dobbiamo senza sosta impegnarci per rendere più stabile un incerto equilibrio».
La particolarità di questo testo – occorre a questo punto appalesarlo – sta nel riuscito connubio che Furia invera partendo dallanalisi di opere pittoriche servendosi di intuizioni del tutto personali, per sfociare poi in una critica della società – oltre che dellarte –, della bellezza, del tempo e della vita, dei suoi misteri e dei suoi inganni, dei «suoni contrastanti» (direbbe Ermini) che da essa si desumono; ed ecco, allora – con Tiepolo –, il «raggiungimento di stati di coscienza nuovi eppure antichi, radicati in quello che siamo e che siamo stati».
E del resto «ogni artista partecipa di questo intento, poiché esso non fa parte dellarte, lo è già», come attesta «la precipua preoccupazione di manifestare la propria coscienza, ossia di rendere evidente quel distacco in assenza del quale limmagine non riesce a emergere e, nello stesso tempo, quellintenso attaccamento alle cose del mondo che è vivida trama interiore».
Trama interiore che lautore da sé traccia discorrendo – ad esempio – con Cézanne e lossessione ficcante della sua montagna Sainte – Victoire, entrambi alla ricerca ostinata (insieme agli altri pittori testé menzionati) di una passione tuttavia «non opposta, a priori, allequilibrio». «Questo, a mio avviso, il fecondo messaggio» che Furia con questo libro ci lascia.



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