Mario Fresa
Questionario di poesia
(57)
Salvatore Violante
Qual è
il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?
Credo
che appartenga ad ogni poeta. È la ricerca di un impasto di parole in cui
sonorità, ritmo interno e sensitività possano determinare uno scarto tale da
traghettare le designazioni al di
là del campo visivo, in quella terra di nessuno dove è difficile distinguere il
concreto dall’immaginario.
Come nasce, in te, una poesia?
Non c’è un meccanismo fisso. A volte un fatto letto o vissuto, apparentemente
passato inosservato, riemerge in maniera subitanea, come per il fotografo lo sviluppo
del negativo, la differenza è che il fenomeno compare a segmenti sovraesposti, sempre, una sfilata di fantasmi
significativi, da sogno cosciente.
Un poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che
vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Cos’è ciò che realmente vive un poeta? Io credo che un poeta sia un
iniziato, una specie di sacerdote che si relaziona con il mondo, con il caos
del mondo cercando di sbrogliarne il bandolo. Un rabdomante impazzito che cerca
di afferrare la particola essenziale, il bosone. Appare alla portata questa vena
sorgiva ma scivola via nella notte della scrittura.
A quale
gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?
Al
gioco delle tre carte. La poesia è là, sotto quella carta precisa. Scoprendola
è sempre altrove. Questo perché il poeta, quando lo è, agisce
come Vas electionis, immette il meglio che può nel riempirlo. Spera che debordi
dal suo margine la poesia. Quasi sempre il vaso ha una lesione. Il più delle
volte è dalla lesione che fuoriesce il meglio. Un’immagine incisiva è quella
dell’ape. Va sui fiori con il preciso fine di carpire nettare. A sua insaputa
sporca le ali di polline. Vola via, e senza volerlo, irrora i campi
ingravidandoli. Eccolo il poeta.
Che
cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?
Che non
c’è niente di davvero nuovo. Anche perché la poesia si occupa dell’uomo e del
suo relazionarsi con il creato. In fondo, ciò che è mutevole in questo
rapporto, è lo strumento tecnico a sua disposizione. L’uomo moderno è quello
che entra in possesso di strumenti moderni. La parola che è lo strumento del
poeta per creare il suo mondo come mondo
necessario, non muta per designazioni intrinseche, ma per surriscaldamento
erotico, sonoro, onirico.
Qual è
il grado di di mascheramento di un poeta finzione e?
Il
poeta non può mascherare un bel niente. Può solo prendere le distanze dal
personale fingendo di parlare con l’altro da sé.
Vorresti
citare un poeta da ricordare e da rivalutare?
Vittorio
Bodini. Un grandissimo poeta, dimenticato, come tutto il suo Sud.
Qual è il dono che augureresti a un poeta,
oggi?
La
mente filosofica di un cuore di fanciullo.
Puoi citare un verso che ti è particolarmente
caro?
Così nel mio parlar voglio esser aspro (dalle Rime di Dante Alighieri).