Una bella lettera del poeta Mauro Macario, dedicata a Pentagrammi di Marco Furia (edizioni L'Arca Felice, 2009)
Caro Marco,
sui tuoi Pentagrammi verticali anziché orizzontali, mi sono arrampicato più volte come uno
scalatore a mani libere, rischiando di cadere nel vuoto magari poco prima di raggiungere l'illusoria vetta ma i forti venti ritmici che battono incessanti quelle pareti mi respingevano in basso e io, ostinatamente, riprendevo la salita. Poi ho capito che la cosa migliore in un'impresa del genere è lasciarsi prendere dalla tormenta onirica, farsi travolgere da quella slavina linguistica, e con essa andare nell'altrove.
La tua poesia non lascia respiro né tregua, è davvero strana e inusuale, musica senz'altro,
visioni pirotecniche che non si spengono mai ma si riattivano in continuazione proliferando da una mente inesausta, un film versificatorio da Bunel / Dalì! E in un certo senso -non so dire fino a che punto- riprendi anche la scrittura automatica dei surrealisti. Mai narratore, mai cronista, mai testimone, maiuomo storico, ma poeta chimico che esplode con i suoi fuochi, con le sue combinazioni segrete, e soprattutto compositore di una sinfonia che non ha fine perché ha trovato la sua chiave strutturale, la sua chiave d'ingresso, che non è il DO, è il MA.
Mi piacerebbe leggere altre cose tue.
Grazie,
Mauro Macario