Libri di arte, poesia e filosofia

La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

domenica 29 marzo 2015





Mario Fresa


Questionario di poesia

(53)

Sonia Lambertini



Felice Casorati, Bambina che gioca su un tappeto rosso
(1912), Fine Arts Museum





Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

Cercare il mistero delle cose e tradurlo in parola.



Come nasce, in te, una poesia?

La poesia nasce da uno sguardo curioso, una ferita, un’idea che tormenta. Nasce da una risposta che non arriva e dal volerla cercare a tutti i costi.



Un poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?

Il poeta parla di ciò che sfugge mentre tenta di vivere.



A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?

Non saprei.



Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?

La potenza della parola, la capacità di parlare al singolo e, allo stesso tempo, tendere all’universale.



Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?

Non credo che esista un confine netto. La parola in poesia è finzione nel momento in cui ci permette di dire cose che esiteremmo a confessare nella quotidianità. Mettersi a nudo è un atto di coraggio.



Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?

Thomas Bernhard, uno scrittore che amo molto. Trovo le sue poesie molto belle.



Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?

Il dono di sapere quando è ora di fermarsi.



Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?

“Non è niente, non è un merito, vivere, scrivere, tirar fuori dal sacco delle parole le noci e le mandorle.”
Ingeborg Bachmann, Libro del deserto. Traduzione di Anna Pansa, Cronopio.






            





domenica 1 marzo 2015





Mario Fresa


Questionario di poesia

(52)


Diego Conticello










Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?

Il tentativo estremo di scoprire e riprodurre al meglio le infinite potenzialità del linguaggio (ovviamente è un tentativo destinato agli intangibili spazi dell’utopia, ma l’importante è sempre compiere il viaggio…).



Come nasce, in te, una poesia?

Molto spesso è collegata ad un complesso di sensazioni fisiche legate a doppio filo con l’immersione nella natura, sia essa paesaggio (col senso di contemplazione e lontananza che ne derivano) oppure vissuto (con i suoi portati di riflessione fisico-percettiva che comporta).
Ovviamente altre nascono da esperienze “culturali”: una poesia, un pezzo di prosa o di filosofia che sento contiguo al mio stato del momento, un documentario scientifico, una fuga di Bach, un intermezzo di Offenbach, una polifonia barocca, qualunque cosa, basta che “mi parli”.



Un poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?

Di entrambe le cose, altrimenti non vivrebbe appieno o non avrebbe la giusta tensione “che fa vivo il succo del mondo”. Ed entrambe le cose sarebbero deleterie…



A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?

Alla campana, da noi chiamata “Cciappatu”. Si compie sempre un salto, e non ti è concesso sbagliare, nemmeno di mezzo centimetro. Si ritorna indietro allo stesso modo, valutando e rivalutando il da farsi. Si cerca sempre di non “inciampare” (da qui il termine dialettale che è metafora dell’errore, dunque della vita).



Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?

A vivere come vivo, ma soprattutto a riflettere, dunque si può dire che mi ha insegnato tutto.



Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?

Il grado deve essere sempre massimo, altrimenti non potrebbe coincidere appieno con la ricerca di un senso!



Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare?

Lucio Piccolo. Sembra scontato per chi mi conosce, ma ancora lo si deve rivalutare e studiare quanto merita.



Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?

Vorrei augurarlo ad ognuno di noi, gente di assoluta normalità, poiché di poeti ne nascono quattro-cinque ogni secolo. Vivere appieno affrontando le clessidre infernali di questo tempo a viso aperto, giocandosela ad ogni istante.



Puoi citare un verso che ti è particolarmente caro?

[…] Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d'ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso…




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